IL TESSUTO URBANO
Spleen e segreti di una città di Poeti
Torri millenarie, chiese e monasteri,
palazzi e botteghe.
In questo scenario decadente Giorgio Aurispa,
eroe dannunziano del Trionfo della morte,
ritrova la vita dei padri
È molto difficile rinvenire tracce di organizzazione urbana a Guardiagrele nell'alto
medioevo, poiché le scarse e incerte notizie sull'esistenza di edifici di culto pagani
non hanno trovato conferma sicura. Esigenze di natura difensiva furono all'origine dei
primi nuclei abitativi, insidiati da frequenti incursioni barbariche, germaniche o
saracene, e pertanto alla continua ricerca di posizioni protette dalla natura o
difendibili militarmente. Alla fine del '200 risalgono la fondazione dei monasteri di
Santa Chiara, San Domenico e San Pietro Celestino e l'inizio di un processo di
rinnovamento dell'architettura civile, che diede impulso alla nascita e alla
ristrutturazione di edifici all'insegna di una maggiore cura estetica e formale. È di
questo periodo la tipica configurazione delle case-bottega artigiane di Via della Penna,
che conservano ancora oggi l'originario aspetto medievale. Nei secoli XIV e XV
Guardiagrele raggiunse la massima espansione urbanistica, con la costruzione di
monumentali architetture che conferirono un'impronta originale all'aspetto della città.
L'epoca successiva non apportò mutamenti sostanziali al tessuto urbano, pur rinnovando
stilisticamente soprattutto gli edifici civili: risalgono al '600 e al '700 i palazzi De
Lucia e Vitacolonna, oltre che la trasformazione del rinascimentale palazzo Elisii. Al
contrario, la cinta muraria decadde progressivamente, fino ad essere addirittura demolita
in più punti durante lavori di riassetto urbanistico effettuati nel secolo scorso.
Proprio dai tratti superstiti delle antiche mura, sebbene manomessi e in parte
irriconoscibili, è necessario partire per una ricognizione del patrimonio storico e
artistico di Guardiagrele.
Il Torrione detto degli Orsini, nella parte più alta della città, è ritenuto l'ultima
testimonianza dell'antico presidio longobardo del VII secolo, benché l'aspetto attuale
sia il frutto di un rifacimento bassomedievale ridotto allo stato di rudere
seminascosto dagli alberi, conserva ben poco dell'imponenza originaria. In via San
Francesco si innalza l'antica torre della Gastaldia, mentre Torre San Pietro, a pianta
rettangolare, è ritenuta un relitto della primitiva cinta muraria; restano inoltre due
torri cilindriche, Torre Adriana all'angolo settentrionale delle mura esterne, Torre
Stella sul lato occidentale.
Degli antichi accessi alla città solo la Porta del Vento mostra ancora un aspetto
medievale, a differenza di quella di San Giovanni, ricostruita nel 1844. La chiesa di
Santa Maria Maggiore rappresenta certamente il monumento più insigne
dell'architettura guardiese, frutto di un lungo e laborioso lavoro di edificazione,
avviato nel XII secolo e proseguito nei due successivi, anche se gli interventi
trecenteschi sono risultati decisivi per il conferimento dei tratti predominanti
nell'aspetto attuale. Nella fase iniziale della ristrutturazione della precedente basilica
ebbero un ruolo di primo piano le maestranze di San Liberatore a Maiella e di San Clemente
a Casauria, che in quel tempo diffondevano i canoni architettonici benedettini nella
nostra regione. A questo periodo sembra risalire il prospetto principale, ispirato
nell'impostazione al romanico borgognone, con un'unica torre centrale in funzione sia di
ingresso che di campanile: non molto frequente in Abruzzo, questa tipologia si ritrova per
esempio in San Pietro d'Albe.
Il grandioso portale ogivale cuspidato, dalle chiare linee tardogotiche, sostituì nel
Trecento quello del XII secolo: la forte strombatura è ottenuta attraverso stipiti a
fasci di colonnine, con capitelli dalla rigogliosa ornamentazione floreale. Sopra
l'architrave a sesto ribassato, la lunetta ad ogiva conteneva il pregevole gruppo
scultoreo quattrocentesco dell'Incoronazione della Vergine, attualmente in restauro,
considerato l'esempio più importante dell'arte plastica guardiese. La presenza
dell'elegante portale, della soprastante monofora archiacuta, pure tardogotica, e della
finestra circolare sul terzo ordine del campanile crea un gradevole effetto decorativo
sulla compatta e austera facciata in pietra della Maiella, ingentilita anche dalla ricca
lavorazione del cornicione: una successione di mensole con bizzarre figure di gusto
popolare e arcatelle a conchiglia. Sul lato sinistro il prospetto è arricchito da apporti
successivi, come lo stemma nobiliare sull'orologio e l'edicola cinquecentesca che contiene
la statua di San Giovanni Battista, di un secolo più antica.
Proprio a lato della nicchia del Battista si apre un porticato con archi a sesto acuto,
risalente al XIV secolo e restaurato negli anni '50 con la soppressione delle aggiunte
architettoniche posteriori e la ricostruzione in stile, evidenziata dall'uso dei laterizi,
delle prime tre campate. L'opera di ripristino ha messo in rilievo l'imponenza della
struttura, con le volte a crociera e le arcate ogivali sorrette da massicci pilastri e
colonne, e ha permesso di valorizzare l'edicola barocca della Madonna del Latte, che
occupa l'ultima campata del portico. Il delicato affresco del '400, raffigurante il
soggetto ricorrente della Vergine che allatta il Bambino, è inserito in un tabernacolo
tardocinquecentesco in pietra, con intricati motivi figurativi e ornamentali di grande
effetto. Il contrasto tra la ricchezza della decorazione che avvolge, quasi soffocandolo,
il semplice dipinto e lo stato di degrado degli stucchi, già parzialmente scrostati dalla
volta, conferisce un fascino decadente a quel sorprendente e appartato angolo.
Il portico che si apre sul lato meridionale fu realizzato nel XIV secolo con la
costruzione di cinque alte colonne in pietra con capitelli diversi, portanti una copertura
in legno; nel 1884 l'opera fu completata con altre cinque colonne, così da correre lungo
tutto il fianco destro dell'edificio.
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