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Guardiagrele |
BENI STORICI
Il Torrione detto degli Orsini, nella parte più alta
della città, è ritenuto l'ultima testimonianza dell'antico presidio longobardo del VII
secolo, benché l'aspetto attuale sia il frutto di un rifacimento bassomedievale
ridotto allo stato di rudere seminascosto dagli alberi, conserva ben poco dell'imponenza
originaria. In via San Francesco si innalza l'antica torre della Gastaldia, mentre Torre
San Pietro, a pianta rettangolare, è ritenuta un relitto della primitiva cinta muraria;
restano inoltre due torri cilindriche, Torre Adriana all'angolo settentrionale delle mura
esterne, Torre Stella sul lato occidentale.
Degli antichi accessi alla città solo la Porta del Vento mostra ancora un aspetto
medievale, a differenza di quella di San Giovanni, ricostruita nel 1844. La chiesa di
Santa Maria Maggiore rappresenta certamente il monumento più insigne
dell'architettura guardiese, frutto di un lungo e laborioso lavoro di edificazione,
avviato nel XII secolo e proseguito nei due successivi, anche se gli interventi
trecenteschi sono risultati decisivi per il conferimento dei tratti predominanti
nell'aspetto attuale. Nella fase iniziale della ristrutturazione della precedente basilica
ebbero un ruolo di primo piano le maestranze di San Liberatore a Maiella e di San Clemente
a Casauria, che in quel tempo diffondevano i canoni architettonici benedettini nella
nostra regione. A questo periodo sembra risalire il prospetto principale, ispirato
nell'impostazione al romanico borgognone, con un'unica torre centrale in funzione sia di
ingresso che di campanile: non molto frequente in Abruzzo, questa tipologia si ritrova per
esempio in San Pietro d'Albe.
Il grandioso portale ogivale cuspidato, dalle chiare linee tardogotiche, sostituì nel
Trecento quello del XII secolo: la forte strombatura è ottenuta attraverso stipiti a
fasci di colonnine, con capitelli dalla rigogliosa ornamentazione floreale. Sopra
l'architrave a sesto ribassato, la lunetta ad ogiva conteneva il pregevole gruppo
scultoreo quattrocentesco dell'Incoronazione della Vergine, attualmente in restauro,
considerato l'esempio più importante dell'arte plastica guardiese. La presenza
dell'elegante portale, della soprastante monofora archiacuta, pure tardogotica, e della
finestra circolare sul terzo ordine del campanile crea un gradevole effetto decorativo
sulla compatta e austera facciata in pietra della Maiella, ingentilita anche dalla ricca
lavorazione del cornicione: una successione di mensole con bizzarre figure di gusto
popolare e arcatelle a conchiglia. Sul lato sinistro il prospetto è arricchito da apporti
successivi, come lo stemma nobiliare sull'orologio e l'edicola cinquecentesca che contiene
la statua di San Giovanni Battista, di un secolo più antica.
Proprio a lato della nicchia del Battista si apre un porticato con archi a sesto acuto,
risalente al XIV secolo e restaurato negli anni '50 con la soppressione delle aggiunte
architettoniche posteriori e la ricostruzione in stile, evidenziata dall'uso dei laterizi,
delle prime tre campate. L'opera di ripristino ha messo in rilievo l'imponenza della
struttura, con le volte a crociera e le arcate ogivali sorrette da massicci pilastri e
colonne, e ha permesso di valorizzare l'edicola barocca della Madonna del Latte, che
occupa l'ultima campata del portico. Il delicato affresco del '400, raffigurante il
soggetto ricorrente della Vergine che allatta il Bambino, è inserito in un tabernacolo
tardocinquecentesco in pietra, con intricati motivi figurativi e ornamentali di grande
effetto. Il contrasto tra la ricchezza della decorazione che avvolge, quasi soffocandolo,
il semplice dipinto e lo stato di degrado degli stucchi, già parzialmente scrostati dalla
volta, conferisce un fascino decadente a quel sorprendente e appartato angolo. Il portico
che si apre sul lato meridionale fu realizzato nel XIV secolo con la costruzione di cinque
alte colonne in pietra con capitelli diversi, portanti una copertura in legno; nel 1884
l'opera fu completata con altre cinque colonne, così da correre lungo tutto il fianco
destro dell'edificio.
A seguito dei danni subiti nell'ultima guerra fu deciso il ripristino della
struttura con l'utilizzazione di materiale prevalentemente di recupero, così da
conservarne l'impianto e l'aspetto originari. I particolari architettonici e decorativi
che si scorgono sotto la parte antica del porticato, il basamento, le lesene, le monofore
e la cornice appartengono alla fase costruttiva romanica. Il gigantesco San Cristoforo
affrescato sulla sinistra, unica opera datata (1473) e firmata da Andrea de Litio, pur
riproponendo i caratteri e gli attributi tradizionali del santo, possiede una potente
carica comunicativa accresciuta dall'atteggiamento baldanzoso e disinvolto con cui domina
gli elementi naturali e umani del paesaggio. Accanto all'affresco si aprono un portale
rinascimentale datato 1578 e, ancora più a destra, un semplice portale trecentesco di
scuola teatina.
Proseguendo oltre fanno bella mostra di sé, scolpiti nella pietra, gli stemmi
delle più eminenti famiglie della città, apposti contemporaneamente all'ampliamento del
1884 e così immortalati da D'Annunzio: "Sotto quel portico aperto in vista delle
convalli fertili e dell'Adriatico lontano, sotto quel portico bruno che riceveva il primo
saluto del Sole, erano scolpite le insegne dei nobili". La sopraelevazione
settecentesca della chiesa, resa accessibile da una scalinata, ha trasformato l'aula
medievale in una cripta, attuale sede del Museo Diocesano, movimentando e alleggerendo
l'intera struttura. L'intervento ha prodotto l'allungamento dell'unica navata su un
sottopassaggio voltato ad arco ribassato, fino a sovrastare l'area della chiesa di San
Rocco, già cappella della Madonna del Riparo. Lo spazioso e luminoso interno di Santa
Maria Maggiore appare modellato sui canoni più diffusi del tardo barocco: abbondanza di
decorazioni in stucco e monumentali altari a timpano spezzato, che sostituiscono le
cappelle laterali e incorniciano tele del Sei e Settecento.
Da notare il crocifisso ligneo della fine del XV secolo e il pulpito, pure ligneo,
settecentesco. Alla base dell'ultimo altare sulla destra è possibile ammirare un paliotto
in pietra dalla struttura composita, quasi un puzzle, le cui quattro formelle e altri
elementi di varia provenienza, posti dietro la piccola grata centrale, sono databili tra i
secoli XIII e XV. Nel Museo Diocesano sono custodite alcune interessanti opere, come la
statuetta lignea quattrocentesca della Madonna dell'Aiuto, una croce reliquiario e un
cofanetto in legno dipinto, risalenti entrambi al XIV secolo, e i frammenti della croce di
Nicola, recuperati dopo il furto del 1979. La chiesa di San Rocco, a tre navate coperte
con volte a botte, è stata unita a Santa Maria Maggiore dall'intervento settecentesco.
Riccamente decorata con stucchi che denunciano l'influenza del barocco napoletano,
conserva, oltre a tele dipinte da vari artisti tra i secoli XVIII e XIX, un'acquasantiera
medievale in pietra e due antichi altari sovrastati da bellissimi archi ogivali
tardogotici, attribuiti a maestranze tedesche, poggianti su colonne in pietra finemente
lavorate. La trecentesca chiesa di San Francesco, che custodisce le reliquie di San Nicola
Greco donate nel 1338 da Napoleone Orsini, rappresenta il secondo monumento, per
importanza storica ed artistica, della città.
Presenta una facciata a coronamento orizzontale con due cornici, ad arcatelle e a
palmette, e un bel portale di scuola teatina, con archivolto e stipiti lavorati con
notevole maestria. Il lato destro rivela ancora l'impronta delle finestre trecentesche,
chiuse nel '700 per consentire l'innalzamento della muratura per la copertura a volta
dell'interno; oltre al secondo portale d'accesso alla chiesa, proveniente da Santa Maria
Maggiore, è presente una porta murata, il cui originale timpano trecentesco si trova oggi
all'ingresso di palazzo Marini, sede dell'antica zecca. L'interno a navata unica,
completamente alterato nel XVIII secolo, è ricco di stucchi barocchi e di preziosi
arredi, tra cui spicca il Coro ligneo; un sarcofago medievale in marmo rosso, decorato con
archetti ogivali e trilobati sorretti da colonnine tortili, funge da altare maggiore. Il
chiostro del convento ha pianta rettangolare, colonnine a base esagonale e copertura con
volte a crociera in mattoni. Il deambulatorio corre solo su tre lati della struttura,
essendo diventato il quarto parte integrante dell'edificio conventuale; anche il secondo
ordine del chiostro è stato murato per ottenere altri locali, attualmente occupati dagli
uffici del Comune.
Un recente restauro ha valorizzato l'intero complesso, riportando in luce la
muratura originaria e risistemando lo spazio centrale invaso dalla vegetazione. Il
campanile a pianta quadrata è stato irrimediabilmente danneggiato da una abitazione
moderna, che si è addossata al lato settentrionale. Di origine antica, ma completamente
trasformate da interventi settecentescho, sono le chiese di San Nicola di Bari e di San
Silvestro, oggi sconsacrata e adibita a sala per mostre e manifestazioni culturali,
mentre il convento dei Padri Cappuccini, fondato nel 1599, conserva, nella chiesa a navata
unica con cappelle sul lato destro, un pregevole apparato decorativo ligneo tardobarocco:
risalta il monumentale altare maggiore a timpano spezzato, che incornicia una tela con
l'Immacolata, santi e angeli, e l'elegante ciborio, pure ligneo, dalla raffinata
lavorazione con intarsi d'avorio e colonnine tortili sormontate da una piccola cupola.
L'architettura civile guardiese ha i suoi esempi migliori in alcuni palazzi
cronologicamente e stilisticamente eterogenei.
Palazzo Elisii, di origine rinascimentale ma trasformato nel '600, si distingue per
l'ingresso con volta a botte su via Tripio, cui si accede da un imponente portale bugnato
e per la muratura in pietrame a vista. Nella piazza del duomo sorge il settecentesco
palazzo Vitacolonna, dalla facciata di stile rinascimentale in laterizio, con le finestre
rettangolari del piano superiore sovrastate da timpani alternativamente triangolari e
curvilinei. Il palazzo De Lucia, più antico di un secolo, si affaccia su via Roma con il
prospetto caratterizzato dalla presenza di un grande portale posto sulla sinistra,
sormontato da un a cornice mistilinea che ne sottolinea l'importanza, e dai balconi con
ringhiere in ferro battuto, poggianti su mensole lavorate: varcato l'ingresso una elegante
gradinata conduce al piano superiore, dominato da una bella e vasta sala voltata. Da
menzionare anche palazzo Marini, dalla composita struttura che comprende elementi gotici,
rinascimentali e barocchi risistemati nei primi decenni del nostro secolo; palazzo
Gattone, ora Montanari-Spoltore, con dipinti eseguiti nel secondo dopoguerra da Federico
Spoltore; palazzo Liberatoscioli, che si affaccia su via Modesto della Porta con la sua
facciata in puro stile liberty; l'antico palazzo Iannucci, purtroppo abbandonato e
fatiscente. Sono infine da ricordare due antiche fontane, la monumentale settecentesca
fontana Marrucina e la celebre Fonte di Grele, oggi allo stato di rudere, cui una radicata
tradizione attribuisce un'antichità e un prestigio storico difficilmente documentabili.
Sopra: Palazzo Montanari-Spoltore.
Alcuni ambienti interni sono stati affrescati nel dopoguerra da Federico Spoltore.
Nella pagina accanto: Palazzo de Lucia (secc. XVII-XVIII. Il grande salone a volta
ellittica Racconto francescano: Padre Bonaventura si dedica alla cura dei gerani che
ornano il chiostro (sec. XVII) del Convento dei Cappucci. Il pozzo, a pianta poligonale è
in pietra della Maiella.
Nella pagina accanto: la grande pala, raffigurante Maria Immacolata tra Angeli e
Santi, opera settecentesca che adorna il bellissimo altare maggiore tardo barocco della
chiesa dei Cappuccini. In primo piano il tabernacolo ligneo eseguito ad intarsi eburnei di
scuola locale.
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