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La scuola come garanzia di identità tradizionale e luogo privilegiato di sperimentazione. Vincenzo Di Giosaffatte descrive il ruolo degli istituti d’arte

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Testo di Stanislao Liberatore Foto Archivio D’Abruzzo

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Non è facile presentare, in maniera circostanziata Vincenzo di Giosaffatte ceramista illustre e preside dell’Istituto statale d’Arte “F. A. Grue” di Castelli.
Sulla sua attività di scultore, artista e ceramista considerato tra i più originali e raffinati del nostro tempo, si sono espresse penne autorevoli e opinionisti di rango come Enrico Crispolti, Luigi Paolo Finizio, Carlo Fabrizio Carli e Mario Micozzi.
 Oggi, Vincenzo di Giosaffatte, dopo aver esposto in tutto il mondo ed essersi accreditato come poeta della ceramica, tira le somme e parla dei suoi studenti.
Preside di Giosaffatte, l’artigianato in Abruzzo, secondo lei, è più frutto della vocazione o della tradizione?
“È difficile fare una distinzione tra artigianato generico e artistico, così come è difficile pensare a un giovane che si avvicina allo studio della ceramica senza essere attratto dalla tradizione di Castelli. Il punto è un altro: bisogna che la Regione Abruzzo tuteli maggiormente, attraverso l’istituzione di una precisa legge regionale, la dignità professionale degli artigiani della ceramica. Il giovane, dopo la preparazione e l’orientamento didattico del nostro secolare Istituto, deve, de facto, vedersi tutelato in termini di possibilità professionale”.
Questo significa che ci sono oggettive difficoltà di inserimento per i giovani?
“Esatto. La legge n. 60/96 della Regione Abruzzo a favore dell’artigianato ignora del tutto la presenza nel nostro territorio di ben nove Istituti d’Arte, tra l’altro già funzionanti dall’inizio del ‘900. Parlo da preside che desidera valorizzare quel patrimonio che il mondo ci invidia e che la Regione Abruzzo ignora: l’artigianato artistico e l’arte. A Castelli, fin dal Medioevo, grazie all’apporto dei Benedettini, si è sviluppata l’arte della ceramica. Oggi, se i politici abruzzesi non intervengono con una legge tutela, tutta la nostra tradizione e il patrimonio artistico, dei quali siamo eredi e custodi, rischia di scomparire. Bisogna intervenire per favorire l’accesso dei giovani vocati a una professione che coalizzi le forze di artigianato, artigiani e artisti”.
Qual è il parere del Ministero della Pubblica Istruzione su questo argomento?
“Forse è meglio soprassedere a questa domanda! Il Ministero tra poco ci accorperà alla Scuola Materna ed Elementare. L’Istituto d’Arte F. A. Grue, a cui è annesso il Museo della Ceramica Storica, fondato da Giovanni Polidori e in cui si sono orgogliosamente diplomati maestri ceramisti del calibro di Giorgio Saturni, Serafino Mattucci, Giancarlo Sciammella e Cheng Fausto, è ignorato, dimenticato. Pensi a come vanno le cose...”.
Che cosa dà allora a Castelli la forza di resistere, di andare avanti?
“Prima che castellani siamo abruzzesi, quindi forti e testardi per natura, per indole. Vivere in un piccolo centro come Castelli, abitato da poco più di mille anime, porta pochi vantaggi e molti svantaggi. La nostra scuola ne è un esempio: quest’anno con 130 iscritti abbiamo registrato un piccolo incremento rispetto agli anni passati, e, sempre da questo anno scolastico, abbiamo ripristinato il corso in Tecnologia della Ceramica. Qualche miglioramento, grazie anche al qualificato corpo docente, c’è stato, ma, senza un’economia forte, sorretta politicamente, l’arte non si concretizza seppur in presenza di geni”.
Lasciamo l’Istituto d’Arte “F. A. Grue” e Castelli. I monti Camicia e Prena li sovrastano e li proteggono. Nel percorrere la Provinciale n 37 verso Isola del Gran Sasso e lasciandoci dietro le spalle il Villaggio Artigiano e le piccole grandi botteghe di ceramisti come i Pardi, presenti a Castelli dall’800, avvertiamo la sensazione di chi ha compreso quanto sia importante questo angolo d’Abruzzo silenzioso e laborioso.
La forza e la determinazione dei castellani è impressa nella qualità della ceramica lavorata a mano.

 

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