Arte
antica
verso il futuro
La
qualita' premiata
Le
logiche della bottega
Terra
acqua fuoco
e fantasia
Bianco
e leggero
come la neve
Musei,
mercati,mostre
dell'artigianato artistico
Impara
l'arte
Una
favola
di terre lontane
Il
gioiello artigianale abruzzese, frutto di secolare sapienza e raffinata
ricerca formale, ha superato i confini regionali e conquista nuovi spazi
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Bello
come il sole
Testo
di Camillo Chiarieri Foto
di Gino Di Paolo |
. Estella
Canziani, viaggiatrice inglese che visitò l’Abruzzo nel 1914,
annota, a Calascio, la descrizione di “contadine dalla
carnagione bruna, che in questa zona di montagna hanno gli
orecchini e i gioielli più sfarzosi che mai. Quasi tutte
indossavano collane di stelline d’oro con filigrane e catene,
anelli d’oro e smalto di svariate fogge, ciondoli di topazi,
brillanti o pietre artificiali”.
La Canziani è sorpresa di trovare tanta ricchezza in un piccolo
paese di montagna: non sa che quei paesi, posti ai margini dei
grandi tratturi, sui quali ogni anno transitavano milioni di
pecore, erano importanti centri dove si addensavano ricchezza ed
attività commerciali. In quei centri abitati tra le montagne
risiedevano i padroni delle greggi e ricchi mercanti: persone
appartenenti ad un ceto sociale che, già dal XVII secolo, era in
grado, commissionando gioielli per le proprie famiglie o preziosi
arredi sacri da donare alle chiese del paese, di produrre una
domanda di arte orafa talmente consistente da dare impulso a
questo mercato su tutto il territorio regionale.
Diversi sono i centri dove quest’arte raggiunse vette di
raffinatezza e bellezza. A Pescocostanzo, dove i maestri lombardi
avevano abituato gli occhi dei pescolani ad essere circondati
dalla bellezza delle loro decorazioni scultoree, questo senso
estetico, diffusosi tra le classi più abbienti del paese, fece
sì che nel Seicento divenisse irresistibile anche il richiamo
dell’oreficeria, che da Napoli, capitale del Regno, attecchì
con forza e con successo.
A Guardiagrele, importante centro commerciale, da sempre padrone
della tecnica di lavorare i metalli, tanto che fin dal
Quattrocento un suo figlio, Nicola, aveva portato fino a Firenze
la fama della sua mano leggera nel cesellare argenti e ori
ricoperti da smalti color cobalto.
A Sulmona, la sede del vicerè, città ricchissima di denaro e di
vita, dove l’oreficeria, dapprima soltanto religiosa, si
applicò poi anche alla creazione di gioielli.
A Scanno, dove per gli abitanti l’oro ed i gioielli erano un
modo di investire gli abbondanti guadagni, poiché in montagna i
terreni sono di scarso valore e le case troppo grandi sono
costose, poi, da tenere e da riscaldare negli inverni lunghi e
rigidi. L’antico abito tradizionale delle scannesi, di panno
nero, con la sua severità e compostezza, era reso meno austero
dalle collane, dagli orecchini e dai bottoni d’argento, semplici
accessori che diventavano gioielli nelle mani degli artigiani.
Ma da sempre l’oro ed i gioielli sono parte della cultura
abruzzese: ne abbiamo testimonianza da reperti risalenti all’epoca
italica, come testimonia il guerriero di Capestrano, la statua del
principe vestino del VI sec. a.C., con il collo adornato da una
corta collana che ricorda molto da vicino la cannatora, rimasta in
uso ancora oggi, realizzata sia con vaghi in filigrana, che in
lamina stampata a sbalzo e poi decorata. Oppure ricordiamo i
preziosi gioielli, armille, orecchini, bracciali e collane,
rinvenuti nelle tombe della necropoli di Campovalano, le cui
sepolture più antiche risalgono al VII secolo a.C..
I gioielli di oggi, filiazioni dirette di quelli antichi,
rimandano a significati remoti che trascendono il puro senso di
decorazione della persona: importante era il loro ruolo
apotropaico, di protezione e difesa dagli influssi negativi e dai
malefici. Tutti i monili avevano questa doppia valenza, estetica e
magica: dalla presentosa, posta sul petto delle donne a proteggere
il cuore, luogo dell’anima e simbolo della vita stessa, agli
orecchini che, con il loro tintinnio, spaventavano gli spiriti del
male e scacciavano il malocchio. Anche le pietre incastonate nei
gioielli avevano un loro preciso significato, dall’effetto
contro il malocchio del corallo rosso a quello di protezione della
salute della corniola.
La collana di corallo aveva anche un preciso significato sociale:
essa veniva regalata dai genitori dello sposo alle giovani che
sarebbero state prese in moglie dai loro figli, e la sua grandezza
testimoniava la ricchezza della famiglia del futuro marito. Tutto
ciò attesta come i gioielli della tradizione abruzzese, che
spesso ancora oggi vengono indossati, hanno una ricchezza di
significati sociologici ed antropologici inscindibili dal valore
estetico dell’oggetto stesso.
L’artigianato artistico dell’oro, in Abruzzo, continuerà ad
avere mercato anche nel futuro se non perderà queste sue spiccate
particolarità culturali, se proporrà i suoi manufatti non solo
come dei gioielli, ma anche, e soprattutto, come il retaggio di
antichissime tradizioni, che vanno ad arricchire gli oggetti di un
valore aggiunto immateriale che prescinde dalla preziosità dei
metalli e delle pietre usate per realizzarli.
I gioielli dell’artigianato artistico regionale possono essere
apprezzati completamente solo se si conosce la loro storia, se
diventano un tramite, memoria di tradizioni e tempi passati. Vale
la pena spendere di più e preferire un prodotto artigianale,
rispetto ad un prodotto di serie, perché c’è questo valore
aggiunto, perché l’oggetto è prezioso non solo per ciò che ha
da mostrare di sé, ma anche per quello che ha da raccontare. |
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