Terra,
acqua, fuoco e fantasia
Testo
di Domenico Verdone Foto di
Gaetano Basti |
. In
qualunque modo si voglia raccontare la storia dell’artigianato
ceramico in Abruzzo bisogna iniziare da Castelli.
E non solo perché da secoli questo paese ai piedi del Gran Sasso
ne è il centro principale di produzione, ma perché da qui
storicamente derivano, come per una feconda e creativa diaspora,
le origini dell’artigianato di Rapino, di Bussi sul Tirino, di
Torre de’ Passeri. Fanno eccezione alla regola Anversa e
Lanciano che rivendicano una tradizione autoctona, la cui
produzione tuttavia non si è sottratta, negli anni, all’influsso
stilistico della scuola castellana, che può ritrovarsi nelle
forme e nelle decorazioni.
Oggi l’artigianato ceramico artistico, a livello di cultura del
territorio, vive soprattutto a Castelli e in minor misura a
Rapino, che pure vanta un illustre passato. A Lanciano ha
intrapreso un’altra via: quella della terracotta rustica e da
fuoco, che del resto risponde ad una specifica richiesta di
attrezzature adatte alla cucina tipica del territorio e trova una
collocazione precisa sul mercato.
Dovunque però la bottega artigiana ha saputo, pur mantenendo una
propria identità, rinnovarsi e adeguarsi alle nuove logiche e
alle nuove esigenze del lavoro. Oggi l’artigiano-artista lavora
nel suo studio, un atelier sui generis, dove lo spazio fisico è
occupato da pochi attrezzi del mestiere: il torniello, il desco
variopinto dei colori, il fornetto elettrico e la biblioteca,
minuta ma specializzata. In questa il nuovo artigiano raccoglie i
testi sacri, l’iconografia storica dei maestri del passato e l’inconscio
desiderio di aggiungervi pagine e nomi.
In attesa si producono oggetti di particolare bellezza, con la
stessa ansia creativa, con la stessa maestria di un tempo e,
forse, anche con lo stesso senso di appartenenza all’aura della
cultura del fare.
A Castelli, nella piana del Villaggio artigiano, l’iniziativa
individuale si è fatta sistema. La bottega è diventata struttura
organizzata, insediamento produttivo. Il cigolio sbilenco del
tornio si è cambiato in fruscio elettrico, l’ansimare del forno
in soffio controllato di bruciatore a metano. Eppure l’anima
artigiana è rimasta quella di sempre. Anche l’imprenditore di
oggi interroga le cose che lo circondano, e la sensibilità
continua la tradizione delle stupende ceramiche che ogni giorno
partono per le mille destinazioni del mondo. Dalla stessa matrice
sono nate tutte le iniziative castellane. Il sogno romantico di un
uomo - Costantino Olivieri - mite, ma tenace e lungimirante, si
trasformò, ai primi del secolo, in una Scuola di arti e mestieri
per affinare il gusto dell’artigiano e sollevarlo ad arte. Oggi
quella scuola è un moderno Istituto d’Arte che occupa un posto
di prestigio nello scenario nazionale ed estero della ricerca,
della innovazione e della proposta artistica in fatto di ceramica.
Tra aule, laboratori, spazi didattici ed espositivi, al
visitatore, che mai supporrebbe di trovare tante meraviglie in
questo angolo remoto del mondo, si mostra una finestra aperta a
tutto campo sulla produzione artistica più attuale, sotto tutte
le latitudini. Nella Raccolta internazionale di ceramica moderna
sono rappresentate 50 nazioni e sono presenti opere di oltre 200
artisti. Nello stesso edificio scolastico, prospiciente la
chiesetta di San Donato, con il preziosissimo soffitto maiolicato
del Seicento, è ospitata la monumentalità ceramica dei nostri
tempi: il Presepe.
Un’opera originale e unica nel suo genere, avviata negli anni
’60 e conclusa dopo un decennio di intenso lavoro, che l’Istituto
preserva con comprensibile attenzione. Sessanta statue a grandezza
naturale, composte con il criterio scenografico di un monumento
alla tradizione cristiana ed ecumenica, ma con l’attenzione
narrativa ed estetica dell’opera d’arte da consegnare ai
posteri. Adiacente, nel convento francescano opportunamente
restaurato ed adattato, insieme con la chiesa di Santa Maria di
Costantinopoli, è il Museo delle ceramiche. Vi sono raccolte e
amorevolmente conservate le testimonianze più significative del
lungo percorso dell’arte castellana.
Dai primordi, cioè dalle testimonianze del primo soffitto di San
Donato, opera cinquecentesca della famiglia Pompei, agli esemplari
della coeva tipologia Orsini Colonna. E poi, attraverso i fasti
dei bianchi, dell’istoriato, fino all’invenzione del decoro a
paese o del paesaggio castellano. Per la prima volta, alla metà
del Seicento, la pentacromia castellana, i cinque originari
colori, si compongono ad opera di Carlo Antonio Grue, in una
inedita sinfonia cromatica.
Nasce una nuova scuola di pittura su ceramica, o meglio una nuova
dinastia di pittori che, seppure si interromperà lungo il
percorso genealogico, resterà fino ai nostri giorni immutata e
viva nella continuità produttiva. Il museo raccoglie e documenta
tutto questo e anche i modi e i tempi della produzione.
Insomma Castelli è il punto di confluenza di retaggi storici,
tradizioni ininterrotte, ma anche di apertura sul presente e di
anticipazioni sul futuro. Il luogo della storia, certo, quella
documentata e codificata almeno nel campo ceramico, ma anche della
favola, dove l’anima si fa più leggera, l’ispirazione ha il
sopravvento e il lavoro diventa poesia. |
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