Si lamentano i poeti d'esser
nati.
O d'esser nati senza poter vivere.
O di vivere solo per morire.
O senza, di morire, esser vissuti.
O d'essere vissuti semimorti.
O sempre di morire semivivi.
O che la loro vita e' stata grama.
O che li abbiano i vivi sbeffeggiati.
O che apprezzati non li abbiano i morti.
O che morendo i vivi li dimentichino.
O che vivendo i morti li perseguitino.
O che la morte li tolga di vita.
O che vivere non sia che morire.
O che morire non sia se non vivere.
O che morte ed amor siano una cosa.
O che siano lo stesso vita e rosa.
O che non ci sia rosa senza spina.
O che una spina sia dunque la morte.
Con tale tiritera insopportabile
che si rinnova ad ogni primavera
da secoli deplorano i poeti
la loro sorte poco lusinghiera.
Per questo li cacciarono da Corte
e giustamente tuttora li arrestano
se tentan ripassare la frontiera.