La
renovatio cade in un particolare momento storico ed assume un suo significato emblematico
che cala lepisodio peligno nel vivo della temperie politica delletà di
Gregorio VII.
Trasmondo, della nobile famiglia dei Conti dei Marsi, si staglia nella
storia della diocesi come una figura di tutto rilievo: era pupillo di Ildebrando di Soana
prima ancora che divenisse papa, godeva dellamicizia di Alfano di Salerno, uno dei
più celebrati letterati del momento che gli indirizzò anche unaffettuosa epistola
metrica, tenne fieramente testa al normanno Ugo Malmozzetto che spadroneggiava nella zona,
per cui ebbe a soffrire, tra laltro, una dura relegazione.
In una parola, il presule incarnava alla perfezione gli ideali di
riforma propugnati da Gregorio che facevano capo al concetto della Libertas ecclesiae nei
confronti dello strapotere e dellingerenza laica.
La nuova cattedrale sorse su unarea ricca di presenze antiche,
tra i resti di tombe di cui si ammirano ancora le colossali strutture; la stessa imposta
sui ruderi di una sepoltura romana. Ma la chiesa di cui Trasmondo aveva posto la prima
pietra nel 1075 non fu portata a termine. La costruzione, assunse nel 1092 la forma
attuale che consiste in un transetto absidato privo di navate, cui fu dato il nome di
cappella Sancti Alexandri e in una torre non campanaria ma di difesa, considerato
lisolamento in cui ledificio veniva a trovarsi. Ci sfuggono le ragioni per le
quali la costruzione venne interrotta e fu destinata a diventare unappendice
dellattigua successiva cattedrale di San Pelino, mentre è certo che essa
rappresenta, in tutta larea romanica, il monumento in cui traspare più che in ogni
altro la decisa volontà di perpetuare la memoria dellantico. Non è il caso di
enumerare scrupolosamente il materiale erratico che i lapicidi valvensi utilizzarono per
il rivestimento dellesterno, che è veramente notevole, mette conto invece di
rilevare che il concetto di antico, a Corfinio più che al recupero di una generica
dignità romana, mira allesaltazione dellantica gloria della città italica
che fu capitale dei confederati contro Roma. Questo ricordo raffigurava, inoltre,
lautorità presente della cattedrale valvense nei confronti della rivale sulmonese,
tanto più che essa fu una sede vescovile senza città.
Nel SantAlessandro non solo i capitelli e le lastre decorate sono
collocate nel dovuto rilievo, ma soprattutto le lapidi, intere o lacunose che siano; non
cè concio riutilizzato che non porti il segno di una precisa volontà di reimpiego.
Spesse volte anche un frammento con una sola lettera (o addirittura parte di essa) appare
sempre perfettamente riquadrato e posto quasi come una venerabile reliquia nel contesto
accurato dellapparecchio. Mentre, nella decorazione scultorea, ove pur ricorrono
insistentemente gli elementi del repertorio classico (dentelli e fuseruole delle cornici),
si palesa inequivocabilmente tutta la cultura dei lapicidi del secolo XI, che documenta la
vitalità di programmi iconografici saldamente radicati nella tradizione.
Insieme con le lapidi e le cornici perfettamente modanate, che un
occhio non esercitato scambierebbe per classiche, convivono motivi rigorosamente
geometrici: croci uncinate, rosette, trecci e croci longobarde. Ai longobardi rimanda
ancora lunica figura rintracciabile nellintera decorazione. Si tratta di un
San Michele Arcangelo di cui gli invasori erano devotissimi adoratori.
Trasmondo morì tra il 1079 e l80 e non è escluso che già sotto
di lui si dette inizio alla costruzione dellattigua cattedrale, prima ancora del
completamento di SantAlessandro. Dal 1082 al 1102 resse la diocesi il vescovo
Giovanni, ma i documenti a nostra disposizione non accennano alla benché minima attività
edilizia da parte sua; perciò il merito di aver condotto quasi a termine i lavori spetta
al suo successore Gualterio (1104-1128) che, secondo il De Matteis "die mano
alla fabbrica per la nuova chiesa di San Pelino, accosto a quella di SantAlessandro
(...) che nel 1124, vide completata".
Alla data della sua consacrazione, tuttavia ledificio non era
completo se non internamente, poiché il rivestimento esterno di cui restano gli splendidi
esempi pressocché intatti sul fianco destro, furono eseguiti nella seconda metà del
secolo, nello stesso torno di tempo della riedificazione di San Clemente a Casauria,
realizzata dallabate Leonate tra il 1176 e il 1182.
Dalla rifondazione di Trasmondo è ormai trascorso un secolo intero ,
durante il quale molte cose sono cambiate, non ultima il modo di porgersi nei confronti
delle testimonianze antiche e la lezione che da esse traggono i lapicidi e gli scultori
del secolo XII. Può meravigliare che nella cattedrale valvense , a differenza
dellattiguo SantAlessandro, la memoria dellantico, quantificabile
attraverso la presenza di materiale di spoglio, è di gran lunga inferiore, specie se si
considera la diversità della mole. La verità è che ora la memoria dellantico,
superata la fase documentaria, viene ad assumere una valenza del tutto nuova, per cui
lantico cessa di essere una reliquia da venerare e si tramuta in fermento culturale.
In altri termini, le antiche sculture hanno fatto scuola come opere
darte soprattutto, e non solo come freddi documenti storici e il loro impulso fu
tale da determinare una cultura comune che, da Corfinio, si estende a Sulmona, già da
allora il massimo centro della Valle Peligna si insinua nella Valle del Pescara, fino a
raggiungere labbazia casauriense, sul tracciato delle antiche relazioni, da sempre
intercorse, dei due centri religiosi.
Tornando alla cattedrale valvense, in cui la cultura dellantico
si rivela, più che altrove, in tutta la sua vitalità, un semplice confronto tra le
decorazioni degli archetti pensili del SantAlessandro con quell e della cattedrale
rivela senza possibilità di equivoci, unitamente alla perfezione tecnica, un livello
qualitativo difficilmente rintracciabile altrove nella stagione matura
dellarchitettura romanica della regione. E mentre le tre Madonne col Bambino,
presenti a Sulmona, Casauria e Corfinio fanno fede della linea culturale comune ai tre
centri, le decorazioni esterne della cattedrale valvense rappresentano certamente un
unicum.
Lo stesso ambone corfiniese si differenzia dal gemello casauriense,
indipendentemente dalla priorità delluno sull altro e viceversa e malgrado le
manomissioni dovute alle ricomposizioni, per una sua essenzialità, sia formale che
decorativa.
Le decorazioni del portale che giocò il ruolo di capostipite non solo
per altre chiese abruzzesi, ma anche per alcune dellUmbria meridionale, trova il suo
modello in tre lastre antiche murate nella torre di SantAlessandro, così come la
splendida aquila ad ali spiegate della navatella di sinistra e le carnose foglie di acanto
sia dei capitelli che degli archetti pensili, presuppongono la conoscenza diretta di
prototipi antichi.