Tale
attenzione è stata sempre indirizzata a Corfinio, come capitale della Lega Italica nella
guerra sociale (91 a.C.), al fatto che in queste contrade per la prima volta sia risuonato
il nome Italia e allassedio di Giulio Cesare (48 a.C.): certo, sono questi gli
episodi dominanti della storia della cittadina, ma non bisogna dimenticare la presenza
delluomo preistorico nella nostra valle. Essa è ampiamente documentata dai
giacimenti delle Svolte di Popoli, dai ritrovamenti litici di Impianezza, sul Morrone; nel
Colle delle Fate (Roccacasale), poi, ci sono resti consistenti di un insediamento che
risale al II millennio a.c., che presentano chiari elementi di influenza delle civiltà
orientali.
Per la comprensione della fisionomia delle stirpi pre-peligne e dei
passaggi fondamentali dellantropizzazione del territorio, bisogna rievocare lo
scenario preistorico della valle, sommersa da un lago miocenico. Alle gole di Popoli,
infatti, una diga naturale sbarra il passo alle acque che defluiscono nella valle: il lago
riceve le acque dellAterno, che ha concluso lerosione fra i monti Urano e
Mentino, in tempi storici, aprendosi la strada nelle stupende gole di S. Venanzio, del
Vella, del Gizio, del Sagittario e di numerosi corsi torrentizi che scendono dalle
montagne, i cui segni sono ancora visibili. Il lago è alimentato anche da numerose
sorgenti pedemontane, vallive e da quelle considerevoli di Capo Pescara, e si innalza alla
quota di 450 m. nel momento della massima espansione, come si può rilevare anche oggi
dalla linea terminale del piano lacustre alla Badia, sotto
Pacentro, alllncoronata di Sulmona, sotto Bugnara, a Raiano: in questultima
cittadina, cè una contrada chiamata La Spiaggia, forse toponimo di ancestrale
ricordo del lago .In certi momenti dalle acque emerge solo il Monte S. Cosimo o Cerrano,
dalla strana forma. Una enorme massa dacqua, naturalmente, tracima dallo sbarramento
di Popoli e sottopone la cresta a violente erosioni: ad un certo punto si verifica il
momento-rottura e le acque si riversano violentemente verso lavanfossa di Alanno,
facendosi strada verso lAdriatico.
Altri ipotizzano una violenta eruzione di un vulcano, posto sulla linea
di sbarramento, che frantumando la barriera naturale, apre il passaggio alle acque, con le
conseguenze dello svuotamento del lago e della comparsa delle terre lacustri. Si delinea,
così, in ogni caso, lattuale conformazione oroidrografica. Scendono a valle i primi
abitanti, cacciatori prima e agricoltori poi, che formano il nucleo originario.
Sulle origini dei peligni sono state formulate varie ipotesi: secondo
Ovidio, noi proveniamo dalla Sabina per effetto di uno di quei movimenti migratori
dellantichità, che vanno sotto il nome di Ver Sacrum.
Secondo Festo, invece, noi proveniamo dallOriente; è una ipotesi
che trova riscontro, fra laltro, in elementi linguistici, rilevati dal Prof.
Giammarco, che ha messo in evidenza linfluenza delle popolazioni orientali
installatesi nelle nostre zone nel corso delle invasioni pre-indoeuropee; esse avrebbero
dato il nome del loro fiume Drin, a due nostri fiumi, il Tirino, che nasce ai piedi di
Capestrano, e il Trigno, che segna i confini tra lAbruzzo e il Molise: tutti con la
medesima base e identici fonemi dellidronimo Atrno, da cui Aterno.
Dunque, i Peligni: Plinio ci offre la famosa tripartizione:
"Paelignorum Corfinienses, Superequani et Sulmonenses". Le prime indicazioni
storiche risalgono al 343 (ma ci sono altre indicazioni di date precedenti): essi ebbero
un ruolo importante, quasi sempre alleati dei Romani, come nelle tre guerre puniche, nella
battaglia di Zama (201 a.C.) e in quella di Pidna (168 a. C.), che aprì la Via Orientale
alla romanizzazione.
Il momento di maggior fama lo raggiunsero nella guerra sociale (91
a.C.), quando, con altri popoli italici, i Peligni e i Marsi si scontrarono con Roma, che
non voleva concedere la cittadinanza. In breve, dopo il fallimento dei tentativi di
riforma di Scipione, di Sempronio e Caio Gracco, gli Italici decisero di rompere gli
indugi e di battersi per la conquista del fondamentale diritto di essere trattati da pari
a pari dai cives romani.
Fra i popoli italici fu stipulato il Patto Sociale e Corfinio fu
elevata al rango di capitale col nome Italica : nella nostra valle, dunque, per la prima
volta, alla presenza dei Peligni, naturalmente, dei Marsi, Sanniti, Apuli, Bruzii,
Campani, Etruschi, Frentani, Irpini, Lucani, Marrucini, Opici,Oschi, Piceni, Sabelli,
Sabini, Salentini, Umbri, Vestini e altri ancora, risuonò il nome ltalia, come simbolo di
aggregazione di popoli contro Roma, la città-stato.
A detta di tutti gli storici, la guerra fu tanto aspra e cruenta che,
anche al tempo di Vespasiano, servì come punto di riferimento nella cronologia degli
avvenimenti, che venivano indicati come accaduti prima o poi la guerra sociale. Oltre
trecentomila morti... La superstizione popolare creò e ingigantì episodi, come quelli di
statue che grondavano sangue, fiumi che si tingevano di rosso, pioggia di pietre, parti di
creature fantastiche, sintomi evidenti della grande ansietà popolare per le terribili
conseguenze delle operazioni belliche.
Alla guerra parteciparono illustri personaggi, come Mario e Silla.
Corfinio cadde il 30 aprile dell89 e la capitale fu portata a Boiano: i tempi erano
maturi per una conclusione dal momento che le operazioni militari volgevano in favore di
Roma e gli Italici si erano resi conto dellinutilità del proseguimento della
guerra. Si giunse abbastanza rapidamente alla fine delle ostilità, salvo qualche
resistenza sporadica, con la concessione da parte dei Romani della cittadinanza e la
trasformazione delle città italiche in municipi romani.
Corfinio ricomparve agli onori della storia quando scoppiò la guerra
civile fra Cesare e Pompeo: la cittadina Peligna era presidiata dai Pompeiani. Cesare
varcò il Rubicone il 10 gennaio del 49 a. C. (le date sono quelle del calendario
pre-giuliano), in rapida successione occupò Rimini, Pesaro, Fano, Ancona, Gubbio, Fermo,
penetrò in Abruzzo e pose lassedio a Corfinio (15 febbraio).
Nello stesso giorno Cesare cominciò le opere di fortificazione
dellassedio e invio Marco Antonio a Sulmona, altra roccaforte pompeiana, ma i civili
e i militari lo accolsero giubilanti, senza opporre alcuna resistenza. Lassedio
terminò sette giorni dopo, con la resa delle truppe pompeiane, prontamente inglobate
nelle legioni di Cesare, dopo giuramento.
Cesare parla di un vallo castellisque, predisposto intorno alle mura di
Corfinio durante lassedio. Alla fine dell800, la descrizione di Cesare attirò
lattenzione degli studiosi, che si misero alla ricerca del Vallo. Nel 1879 Napoleone
III inviò a Corfinio il suo aiutante in campo, il barone di Stoffel, alla ricerca del
vallo. Per espresso invito della Direzione Generale dellAntichità,
Antonio De Nino fece da guida al barone. Furono effettuati saggi, ma
senza risultati soddisfacenti; dopo un mese di inutili ricerche, lo Stoffel decise di
tornare in patria, non senza prima aver esortato il De Nino, per il quale aveva grande
ammirazione, a proseguire le ricerche. De Nino le proseguì, scavando una trincea dietro
la Basilica di S. Pelino e, approfondendo lo scavo, incontrò tracce di un fossato e
credette di aver localizzato il vallo.
Lo Stoffel, prontamente informato, espresse le sue perplessità. Il De
Nino stilò una relazione nella quale esprimeva il suo convincimento e, con grande onestà
intellettuale, vi riportò le obiezioni dello Stoffel. In ogni caso, gli scavi effettuati
dal De Nino furono veramente proficui perché riportarono alla luce importanti iscrizioni,
tra cui una fondamentale in dialetto peligno, conservata al Museo di Napoli, che
costituirono il nucleo lapidario del Museo di Corfinio, fondato negli anni successivi.
ll nome Corfinio scompare e venne sostituito con quello di Pentima,
Pentoma, e altre variazioni, ricomparendo solo nel 1928. Ritroviamo il nome di Pentima in
Tancredi da Pentima, noto architetto medioevale che fu lartefice del complesso delle
99 Cannelle a LAquila, sorto fuori dai quarti della città di Federico, di cui è
diventato il simbolo.