Intorno
alla seconda metà dellXI secolo, dunque, nacque Pentima ad opera di Trasmondo sulle
rovine di quella che era stata la città di Corfinio. La attuale piazza che stranamente
offre al visitatore labside della chiesa di S. Martino, era lantico teatro
romano ma il borgo chiuso a castrum fortificato aveva altre logiche costruttive: a chi
scende per andare o verso LAquila o verso Sulmona, lungo la Tiburtina Valeria,
appare in tutta la sua possanza il castrum fortificato contro le aggressioni possibili
dalla parte del mare attraverso quella fenditura tra Gran Sasso e Morrone che sono le gole
di Popoli. Altre logiche costruttive si diceva. Trasmondo, il vescovo di Valva ed abate di
S. Clemente a Casauria (quali orizzonti di potenza!), era figlio di Oderisio conte dei
Marsi e fratello di Oderisio abate di Montecassino e di Attone vescovo di Chieti. Un
bellintreccio indubbiamente.
Trasmondo è tanto potente da poter fondare un castrum come quello di
Pentima. Perché lo fece? Anno 1073: muore il papa Alessandro II e viene eletto papa
Gregorio VII (sì proprio lui, ovvero quegli che umiliò limperatore Enrico IV).
Anno 1074 Gregorio VII nomina Trasmondo vescovo di Valva ed abate di S. Clemente a
Casauria. La storia personale di Trasmondo era stata ricca di risvolti. Trasmondo
proveniva, infatti, da una contestata esperienza di abate di Tremiti, dove era stato
inviato da Desiderio abate di Montecassino, in quanto quei monaci si erano allontanati da
una via di rettitudine.
Trasmondo aveva usato la maniera forte: aveva fatto accecare tre di
essi ed aveva mozzato la lingua ad un quarto. Desiderio avrebbe voluto punire questi
eccessi, ma vi si era opposto il monaco Ildebrando, il futuro Gregorio VII. Divenuto papa,
Ildebrando utilizza Trasmondo per una operazione di consolidamento della posizione
politico-militare dellabbazia di Casauria. È del marzo del 1074 una sentenza di
scomunica contro tutti i Normanni invasori dei beni di Casauria che Gregorio VII lancia,
evidentemente su suggerimento di Trasmondo. È sentenza che illumina anche tutta la
politica svolta da Trasmondo. Egli infatti si adopera per realizzare una serie di
fortificazioni, quali quelle dei castelli di Petronace, di Popoli e di Bucchianico. Ma
unisce anche il monastero-fortezza di S. Benedetto in Perillis, arditamente arroccato
sulle balze che guardano la gola dei Tremonti, passaggio obbligato per la penetrazione
dalla zona marina abruzzese verso lentroterra.
Accanto a questa realizzazione dal chiaro taglio militare, Trasmondo
svolge anche iniziative che valgono a consolidare, pur dal punto di vista
politico-religioso, la potenza ed il prestigio congiuntamente della abbazia di Casauria e
della Diocesi di Valva. Restaura infatti la cattedrale di S. Pelino ed essendo questa una
specie di cattedrale nel deserto, vi fonda accanto il castello di Pentima (lattuale
Corfinio). Restaura anche la pieve di Sulmona che si avviava a divenire anchessa
cattedrale. Azioni sinergiche che valgano a contrastare lavanzata dei Normanni che
risalgono minacciosamente la valle del Pescara.
Punto di forza, il Castello di Pentima che nasce a difesa della
cattedrale di Valva. La sua stessa struttura lo denuncia: i muri esterni delle case, sono
essi stessi mura difensive con finestrelle piccole e rade. La logica difensiva è tutta
rivolta, come si diceva, contro il mare in quanto da lì era risalito il leale normanno
Loritello, da lì stava risalendo il ferocissimo normanno Malmozzetto.
Malmozzetto avrà la meglio vanificando le dighe che Trasmondo aveva
edificato. La resistenza sarà infatti resa inutile dalla creazione del regno di Sicilia
da parte del Normanno Ruggero II che con abile politica opererà una pacifica
normalizzazione. E di Pentima che ne sarà?
Nata come caposaldo di una difesa dai Normanni, come supporto
evidentemente delle stesse fortificazioni che Trasmondo aveva aperto nella cattedrale,
essa rientrò nella logica dellincastellamento normanno che proseguì unonda
che era iniziata ben prima, acquisendo pur essa il segno nevralgico di controllo del
territorio nellambito del nuovo regno e come sicurezza delle popolazioni che vi si
arroccavano. Un castello dei tanti che configurarono il volto della regione in
unepoca che parte dal periodo postsaraceno e che si estende fino ai primi tempi
delloccupazione normanna. Tuttavia un altro momento importante esso avrà a seguito
delle furibonde lotte che caratterizzarono la vita delle due diocesi di Valva e di
Sulmona, chiese come esse erano luna dellaltra. Tale momento è testimoniato
dallActum destructionis Ecclesiae Saneti Pelini et examen testium del 1229 che con
fosche tinte drammatiche narra appunto la distruzione anche delle case dei vassalli del
vescovo ovvero con tutta evidenza del castello di Pentima. Sarà bene riportarne il
transunto: I Canonici di S. Panfilo cattedrale di Sulmona hanno usurpato le decime e i
diritti funerari spettanti al vescovo di Valva Niccolò. Nel giovedì santo questi fulmina
la scomunica e la rinnova nel dì della festa della dedica della chiesa di Valva a S.
Pelino e nella festa di S. Alessandro. Ecco quindi la ribellione dei Sulmonesi che mano
armata assaltano la chiesa di S. Pelino, vi penetrano, fan prigioniero Gualtiero di S.
Valentino canonico di S. Pelino e lo consegnano nelle mani dei canonici di S. Panfilo i
quali nel chiostro della stessa Chiesa gli legano le mani lo battono e lo conducono così
legato fino a Sulmona. Nascono subito le fazioni in offesa e in difesa. Han la meglio le
prime. E non ci si ferma nella spirale della violenza. Incendi, devastazioni di tutto
labitato dei vassalli del vescovo denominato Terranova.
Distruzioni di suppellettili, ruberie di bestiame ed utensili tanto di
proprietà dei vassalli che del vescovo. Il vescovo stesso se ne fugge sulle sommità
della torre vestito dei suoi sacri paramenti, tenendo in mano la Croce dArgento e
dalla sommità della torre stessa fulmina di nuova scomunica. Lanci di pietre. Nuove
minacce. La torre è forzata. I primi assalitori mettono le mani sul vescovo lo legano e
sollecitati dagli assediati lo menano legato in Sulmona ove passa tra ali di popolo (e il
transunto antinoriano pietosamente aggiunge: a riserba delle donne e dei fanciulli) che lo
sbeffeggia.
Il vescovo in tale umiliazione vien visto piangere, ma ciò non
impedisce che la violenza venga consumata. Anzi non cessa neppure con lumiliazione
esacerbante del vescovo: la chiesa di S. Pelino viene letteralmente devastata: paramenti,
suppellettili, pietre sacre, ad onta delle immunità, tutto viene distrutto. La stessa
cappella di S. Alessandro viene privata delle campane. Giovanni Giudeo Sagrestano di S.
Panfilo trasporta a Sulmona le pietre sacre ed ogni tipo di numero: chi porta via i
candelieri, chi i bracci di ferro portalampade, chi addirittura nel tumulto, come Pietro
di Giovanni Baione, fu veduto porsi, dallapertura della camicia sul petto, le ossa
trovate sotto gli altari.
Poi il bilancio: le case contigue alla Chiesa e tutte le altre ad essa
avanti incendiate, la chiesa distrutta e smantellata ivi compresa le stanze del vescovo e
dei canonici. Insomma chi da sempre si era ritenuto vassallo della chiesa di S. Pelino ed
aveva il vescovo per suo signore fu privato delle proprie cose ed ebbe distrutte le vigne,
le aie, le case. Ancor più danneggiati ne furono quanti facevan parte della Corte del
Vescovo: vassalli, giudici, notai che persero animali, panni, argenterie, ferramenti, vasi
di rame ed altri utensili.
Sempre dalla stessa pergamena risultano le conseguenze: il Vescovo
Niccolò si querela al Papa Gregorio che commette ai vescovi Pennese, Marsicano e Teatino
(questultimo era Bartolomeo) listruzione del processo. Da questo discende la
sentenza di scomunica per il Capitolo e gli uomini di Sulmona intimata a tutti i Prelati
della Diocesi di Valva con lobbligo di pubblicazione ogni domenica ed ogni
festività a candele accese ed a suono di campana. Sono questi gli ultimi segni
dellemergere del castello di Pentima. Da quel momento inizia un lento ma inesorabile
processo di omologazione.