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"I
pifferari scendono dalle selvagge montagne degli Abruzzi per
suonare i loro rustici strumenti dinnanzi alle immagini della
Madonna. Vestono unampia cappa di panno scuro e portano il
cappello a punta come i briganti". Così Hector Berlioz, nel
1832, ci rappresenta gli zampognari dai quali apprese, durante il
soggiorno romano, laria che poi volle inserire, secondo il
gusto dellepoca, come Sérénade dun Montagnard des
Abruzzes à sa maîtresse, nellAroldo in Italia.
La
letteratura romantica ha costruito limmagine dello zampognaro
vagabondo, musico di piazza, metà pastore, metà mendicante,
secondo uno stereotipo consolidato che ancora resiste. Ma, al di
là dei luoghi comuni e della oleografia natalizia, oggi, è il
caso di chiedersi chi sia lo zampognaro, come viva, e quali siano
le motivazioni che lo spingono a utilizzare uno strumento popolare
così antico.
Innanzi
tutto occorre puntualizzare che qualunque sia il livello tecnico
raggiunto nelluso di questo strumento o le ragioni che hanno
indotto questa scelta etnomusicale, lo zampognaro è sempre figlio
di una cultura popolare precisa che ha espresso, e ancora esprime,
i suoi sentimenti attraverso una musica, a torto, ritenuta minore.
La capitale della zampogna italiana, da qualche anno, è Scapoli,
piccolo paese delle Mainarde, che per una felice congiuntura di
componenti è riuscita a ravvivare una tradizione che rischiava di
decadere, e a proporsi come centro internazionale della
etnomusicologia utriculare.
Qui,
oltre che strumenti di prima qualità prodotti nelle botteghe di
Fonte Costanza, da artigiani depositari di tecniche e segreti
antichi, è possibile incontrare gli zampognari italiani ed
europei che trasformano il paese in una specie di università
della musica popolare con tanto di corsi di specializzazione e di
perfezionamento.
Un
nuovo zampognaro è Piero Ricci, matesino di origine e isernino di
cittadinanza, studi al conservatorio ed una intensa attività
concertistica e di composizione. Ha inventato quella che chiama la
zampogna europea, in grado di accordarsi con la maggior parte
degli strumenti dellarea mediterranea. A metà tra una 25 e una
26, perfettamente accordata in sol, monta ance di plastica che
Piero si costruisce personalmente e con le quali esegue un
repertorio di grande suggestione che, rivisitando la tradizione,
arriva fino al jazz. Solitamente lo accompagnano, in concerto,
Lino Miniscalco, impareggiabile biffera che evoca suoni e gesti
medioevali, Ernesto Carracillo, vivace ottobassi e Mauro Gioielli,
stupefacente voce solista e alato menestrello damore.
Zampognari
di oggi sono Guido Iannetta e Antonio Izzi, guardia forestale il
primo, autista di autolinee il secondo, ambedue di Scapoli.
Adoperano una 25 classica ed eseguono, con notevole esperienza,
novene, zumparelle, mattinate, metenze della più autentica
tradizione. E zampognari sono anche Nico Berardi geologo e
Patrizia Fazio dottore in scienze naturali, che si sono proposti
di introdurre la zampogna (usano una 25 in sol) nelle feste
salentine, da sempre geografia della pizzica tarantata, danzata al
suono del grande tamburello pugliese.
Zampognaro
abruzzese è Carlo Di Silvestre, taciturno e gentile gigante della
montagna teramana, una laurea al Dams e una vita tutta spesa nella
ricerca etnomusicologica.
Zampognari
sono i fratelli Palumbo di Villa Latina, agricoltori e virtuosi
della zoppa laziale (una 25 senza chiave), i bravissimi Emilio
Rufo e Nadia Notardonato di Castelnuovo al Volturno, Umberto Di
Giammarino da Amatrice, impareggiabile esecutore di sonate per la
sposa con la sua ciaramella, inseparabile come Giancarlo Palombini,
lamico che sempre laccompagna alla tamburella e autore di
uno dei più puntuali studi sul folclore musicale dellAlto
Lazio.
Zampognari
sono Beppe Luongo e Antonio Leone di Colliano, con la 25 della
Valle del Sele e Nicola Scaldaferri con la surdulina del Pollino,
come zampognaro era, e ci piace ricordarlo, Beppe Belviso di
Viggiano con la sua grande zampogna della Val dAgri. Zampognaro
è lo statuario Ciccio Currò, galante messinese e camminante
libero fratello del vento, zampognaro è Orazio Corsaro da
Messina. Zampognari giovani e zampognari anziani, zampognari di
oggi e zampognari di ieri. Gente abituata ai grandi orizzonti,
agli scenari solenni della montagna, a trasformare, nel silenzio
dei lunghi viaggi, siano essi fisici o spirituali, il respiro del
vento in un sommesso, struggente canto del cuore.
Perché
essere zampognaro è una condizione dellanima.