Un'arte
antica e complessa
Testo di Maria
Concetta Nicolai Foto di Luciano D'Angelo
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Verso
la fine del secolo scorso, per una sorta di naturale esigenza
culturale, i costruttori di zampogne dellarea centro
meridionale cominciarono ad uniformare la produzione su standard
definiti convenzionalmente a numeri che corrispondono, nellarea
laziale - molisana, alla misura della biffera o scupina, che è in
coppia con lo strumento.
Da allora, a parte alcune eccezioni significative che sono le
ciaramelle dellAlta Sabina, la zampogna di Fossalto, la
surdulina degli albanesi di Calabria e di Sicilia, la ciaramedda a
paro dellarea messinese, lo strumento acquistò una sua
definizione organologica che in breve può essere riassunta in
questi termini: misura variabile, sempre nellarea laziale -
molisana, da 32 a 20, quattro canne in legno, suddivise in due da
canto (la ritta più corta e la manca più lunga con applicazione
di una chiave metallica), due bordoni uno basso e laltro acuto,
ance doppie di arundo donax, testata di legno, otre di pelle ovina
conciata con vello allinterno, cannello di insufflazione.
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