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Sull’argomento si consiglia la seguente bibliografia essenziale:

Giorgio Morelli, Il costume delle donne di Scanno, in "Lares", XXVII, Firenze 1961, fasc. 1-2, pp. 1-14

AA. VV., L’abbigliamento popolare italiano, numero monografico de "La ricerca folclorica", XIV, Brescia 1986

Enzo Accardo - Franco Cercone, Costumi popolari d’Abruzzo, L’Aquila,1992

Giuseppe Sebesta, Il costume di Scanno, Roma1993

Marco Notarmuzi, Eustacchio e Tecanera, ovvero le tradizioni popolari di Scanno, Teramo 1993

Giorgio Morelli, Pagine scannesi, Roma 1996

D'Abruzzo

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Come una regina
A Scanno il costume tradizionale femminile è segno e mimesi di una condizione storica in cui il potere e il prestigio delle donne hanno rappresentato il fondamento della vita sociale

Testo di Maria Concetta Nicolai Foto di Cesidio Silla

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Uno spunto di riflessione viene dalle pagine di Anne Macdonnel,scanno4.jpg (12334 byte) sensibile antropologa inglese che visitò l’Abruzzo nel 1908. "Scanno è un paese di donne che hanno ampiamente meritato la fama di essere belle. (...) La loro riservatezza ha qualcosa di misterioso che si addice all’abbigliamento scuro e a quelle strade buie e strette. Ella è una montanara orgogliosa, indipendente ed autosufficiente, una grande conservatrice della vita tradizionale. Si potrà non apprezzare tutte le abitudini del suo paese, ma lei con molta calma, per porre fine all’argomento, ti risponderà: così si fa a Scanno. (...) La sua principale caratteristica sta nel portamento lungo le strade di montagna, quando trasporta sul capo le fascine, o lungo le vie acciottolate con le conche d’acqua sulla testa, essa cammina erette con le mani sui fianchi o nascoste sotto il grembiule, con i piedi rivolti verso l’interno, in modo sciolto e spedito e con un movimento ondeggiante. (...) La forza che ha è impressionante. Qui è la donna che cucina, che tesse, che sferruzza, che colora le stoffe e fa tutto questo come una cosa naturale. In estate raccoglie la legna da ardere per il lungo inverno, lavora nei campi, custodisce le greggi e, se occorre, diventa muratore. (...) L’autosufficienza di cui Scanno gode si deve quasi interamente alle svariate capacità delle donne che nelle case cardano, colorano, filano tessono la lana per farne abiti coperte, tappeti, copriletti, calze nastri. A questo punto qualcuno potrebbe pensare che la loro è una vita da schiave, ma le donne di Scanno possono sembrare tutto meno che schiave.

Hanno piuttosto un’aria regale e non ho mai visto tante regine tutte insieme, come in questo posto. Esse sono i pilastri del paese e sono pienamente consapevoli del loro valore e della loro importanza nella famiglia. Nei rapporti con l’altro sesso sono molto riservate. Nei giorni di festa è possibile vederle in gruppi di dieci o venti (veri e propri clubs) sulle scale di pietra, mentre si raccontano storie. Nei momenti di svago non cercano facili amoreggiamenti con gli uomini e anche quando i carabinieri, con le loro uniformi sgargianti, lanciano alle donne, dai balconi che si trovano di fronte alla fontana, sguardi amorosi, queste rispondono con occhiate sdegnose di sotto alle conche di rame. Quanto ai viaggi che intrapprendono queste forti donne, si può dire che siano limitati a quelli fatti per raggiungere la montagna e i boschi, cosicché l’unica occasione di svago è offerta dalle funzioni religiose. I vespri, nella chiesa parrocchiale o in quella di San Rocco sono uno spettacolo singolare. Le figure accovacciate a terra formano un tappeto che ricopre tutto il pavimento. Infatti le donne di Scanno non usano mai la sedia se non quando pranzano. Quando si riposano la loro posizione preferita, che è comune a tutte quando sono in chiesa, è quella di accovacciarsi sul pavimento con le gambe incrociate".

L’attenta osservazione di Anne Macdonnel mette in evidenza una società strutturata su un’evidente sistema matriarcale che esprime il prestigio dell’appartenenza di genere con una serie di comportamenti pratici e rituali che attraversano l’ambito morale, economico ed estetico.

Le ragioni di tale impostazione vanno ricercate nell’archetipo culturale della civiltà pastorale, impostata sulla pratica del nomadismo o, per lo meno della semistanzialità, comune tra gli uomini in età lavorativa.

Il pastore transumante esprime la propria identità nella dimensione del viaggio e nella capacità di rapportare la vita quotidiana nello spazio, grande soprattutto spiritualmente, della propria solitudine sociale. Dalla vicenda esistenziale dell’uomo, sia esso padre, fratello, marito o figlio, una vicenda storica che, peraltro, per quanto trasmetta segnali di solidità economica, appare generalmente sottotono e passiva, ha origine la condizione simbolica della donna scannese che rappresenta l’unico punto fermo di una scansione temporale, perennemente sospesa tra i due punti estremi della partenza e del ritorno e fluttuante in un universo avventuroso.

La donna è la certezza dell’origine, la consolazione della memoria, il desiderio del futuro, l’ancora del destino, la realizzazione della propria ricchezza. Da questo punto di vista anche la casa, che poi a Scanno ha la chiara solidità della pietra, è subordinata, in quanto status-simbol, alla presenza femminile.

All’interno del gruppo, la rappresentazione della stabilità e del prestigio familiare è affidata alla donna che, in conseguenza di questa consapevolezza, sviluppa una forte identità di genere e un tangibile spirito di genere espresso mediante pratiche di tipo associativo. Una donna, come nota la Macdonell, non incline ai viaggi e ai mutamenti formali, ma anzi impegnata, al di sopra di ogni dialettica, alla conservazione della tradizione, intesa come garanzia e regola di vita.

In questo contesto l’abito femminile diviene costume con funzioni tecniche, giuridiche, economiche, sociali, rituali, magiche e segniche. Ma soprattutto diviene mimesi di uno status fondativo. Tenendo presente questo punto di vista si comprende il valore della solennità dell’insieme, dell’uso dei gioielli, delle monete d’oro appese tra le trecce, dei bottoni d’argento, dei ricami, degli ormamenti non del tutto assenti nemmeno nell’abito quotidiano, la preziosità del copricapo.

A Scanno, il vestito femminile è, non solo un segno di identità come in tutte le società tradizionali, ma fondamentalmente un segno di potere che travalica il dato puramente materiale e assume valori ancora più profondi.

Una nota ricorrente, nelle descrizioni degli usi e delle consuetudini del paese, è quella che sottolinea l’abilità femminile nelle opere di filatura, tintura e produzione dei pannilana. La perfezione del tessuto e la precisione del taglio dell’indumento diviene, quindi, anche il segno della capacita di ogni donna a cui la tradizione impone di provvedere personalmente alla realizzazione degli abiti suoi e della famiglia.

"La dote dicesi a sette o a dieci e allora il corredo delle vesti deve completare quel numero, ma tutte di diverso colore e sono durevolissime per la vita intera e tutte lavorate con le loro mani" scrive il Torcia e aggiunge che l’esempio a cui ogni scannese tende è quello di Colomba Mancinelli,che ebbe l’alto onore di essere ricevuta dal re, abile maestra nel fabbricare panno carapellese di color naturale fulvo.

Forse, e il dubitativo è d’obbligo, in quanto un’affermazione in questo senso sarebbe possibile solo dopo la conclusione di un programma di ricerca e di indagini comparative ancora da compiere, la ragione per la quale solo a Scanno, a differenza di altri centri pure appartenenti ugualmente alla cultura pastorale, il costume muliebre si è tramandato nella sua singolare foggia fino ai nostri giorni, va ricercata non nella presunta esoticità delle origini, del resto ormai ampiamente sconfessata, ma nella specifica competenza delle donne che nell’arte della lavorazione e tintura dei pannilana furono vere professioniste, a livello culturale ed economico.

Per queste categorie storiche ed antropologiche, a Scanno, il costume tradizionale femminile ha resistito, nei secoli, all’incalzare delle mode e oggi rappresenta la dimensione segnica di una struttura sociale che ha affidato al matriarcato il compito di esercitare il potere del gruppo ed esibire il prestigio del censo.

Un valore non da poco e una eredità non leggera che dovrebbe indurre alla riflessione le molte e graziose fanciulle che, oggi sempre più spesso per una innocente civetteria, e qualche altra volta per meno innocenti per fini promozionali e turistici, accettano, di travestirsi con i panni che le loro antenate indossavano per essere regine.

 

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