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Come una regina
A Scanno
il costume tradizionale femminile è segno e mimesi di una condizione storica in cui il
potere e il prestigio delle donne hanno rappresentato il fondamento della vita sociale
Testo di Maria Concetta Nicolai Foto di Cesidio
Silla |
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I
lacci che, dapprima erano una esclusiva dellabbigliamento nuziale, per comprensibili ragioni, volutamente elegante e sontuoso,
in seguito divennero un elemento integrante di quello festivo. Del resto la vestitura
attuale è il risultato di numerose ed interessanti modifiche avvenute, dal 1600 ad oggi e
peraltro specificatamente documentate, in conseguenza, a volte, di scelte puramente
estetiche o, più spesso, di condizionamenti relativi allambiente, al censo e alla
rappresentazione simbolica della figura femminile allinterno della società
pastorale.
Ma
comera il costume, per così dire antico, delle donne di Scanno, quanto si
differenziava da quello attuale o, viceversa, quali sono gli elementi declinati
costantemente dalluno allaltro? Sempre seguendo la descrizione di Michele
Torcia si apprende che "la gonnella di panno è di tinta immarcescibile paesana, a
segno che neppure lurina del gatto la stinge. È poi tagliata a guisa di toga o
stola sino ai talloni, lavorata con le loro mani. Viene ornata nel lembo da varie fasce,
poste una sopra laltra, di scarlatto o di vellutino in seta, diverso da quello della
toga. Le maniche, strette nella parte superiore sono guarnite da nocchettine di fettucce,
in guisa di un grazioso ricciato dallomero al polso, di colore anche differente dal
fondo del panno. Le cuciture delle maniche sono ornate di liste scarlattino o vellutino
corrispondenti e legati insieme da un lavoro che, con vocabolo paesano, è detto
interlacci. Il petto e la schiena della gonna sono parimenti ornati con simile lavoro. La
pettina, chiusa da due grappi dargento in forma di bulle antiche sulle due mammelle,
viene stretta sui fianchi da bottoni di argento o pure da lacci di seta. Sotto portano la
vera tunica senza maniche, qui detta casacca. Coprono le gambe con calzette di panno blù
o verde, ricamate in oro o in seta e ai piedi con pianelle o sia pantofole, coverte di
raso, color diverso dal fondo, e ricamate in oro o in argento. (...) Il senale di lana è
anche finemente ricamato con un lavoro fermo, detto frangia e con lenzi o zone
corrispondenti che lattaccano alla cintura."
La
descrizione evoca una rutilante sontuosità di colori, di sete lucenti, di velluti
morbidi, di lane mirabilmente tessute, a cui si aggiunge la preziosità dei gioielli.
"Le circeglie ornano i loro orecchi; sono pendenti in oro in sottile filigrana o
solidi di valore; il collo un laccetto o sia cateniglia dello stesso metallo di fino
lavoro, accompagnato daltri fili di cannacchi con Crocifisso o altra immagine di
Santi, e anche collane di zecchini veneziani. Generalmente limmagine poggia sul
petto sotto il ripiego delle descritte lunghe e numerose collane. Anche le dita vanno
cariche di anelli fini con pietre o senza pietre, secondo la facoltà delle famiglie. A
chiesa portano il rosario doro e la corona dargento".
Ma
chi è questa donna, tanto raffinata ed esigente, che non rinuncia ad esibire lusso ed
eleganza nemmeno quando snocciola le devozioni? Il mistero è presto chiarito. "Gli
abiti su cui è stata fatta questa descrizione - annota il Torcia - appartengono alla
Signora Donna Maria Liberatore, savia e bella nipote dellEconomo Curato Don Luca
Sacerdote". Ovvero una donna ricca. Infaticabile, robusta e virtuosa, come sottolinea
il descrittore, ricalcando la definizione latina di univira, domifera e lanifera, ma
indubbiamente benestante, perché, poi aggiunge quasi tra le righe, "nei giorni di
lavoro le poverette vanno in campagna con certe pelli cucite alle piante delle
calzette", ed è da immaginare, anche senza tanti veletti, ciappe e fiocchi.
Lattribuzione di tanto lusso ad un ceto borghese medio alto, tuttavia non è
facilmente definibile, tenuto conto che anche le donne meno abbienti, pur con una ovvia
differenziazione quantitativa e qualitativa, sembrano, alle luce delle carte dotali,
possedere almeno un costume festivo di grande effetto ed apparenza. Nel 1843 Edward Lear
trova che le donne di Scanno vestano in modo alquanto diverso dalla foggia descritta in
passato, quando labito era "di stoffa scarlatta, riccamente ornata di velluto
verde, trine doro e altro (...). Oggi sia la gonna che il corsetto sono di stoffa
nera o blu scuro. La prima è molto ricca, il busto è cortissimo, il grembiule è in
tessuto scarlatto o cremisi". Anche il copricapo va assumendo una nuova linea
"un fazzoletto bianco che ricade sulle spalle, sormontato da una cupola di stoffa
scura tra le classi più povere, ma di satin operato color vermiglio tra le più ricche.
Questa poi è fasciata tuttintorno da nastri giallo-pallido striati da vari colori.
Le più povere, tuttavia, indossano questa banda supplementare solo nei giorni di
festa".
Con
labilità che gli viene dalla pratica al disegno illustrativo, il viaggiatore
inglese delinea, in poche righe, un gentile ritratto: "I capelli sono
meravigliosamente intrecciati con nastri, gli orecchini, i bottoni, le collane e le catene
sono dargento e, nelle famiglie ricche, di solito assai costosi. (...) Per la
carnagione fresca e chiara, gli splendidi capelli, lespressione dolce i lineamenti
delicati, le donne di Scanno sono decisamente tra le più belle che io abbia visto in
Abruzzo."
I
documenti seguenti, sia letterari che iconografici, a cominciare dalla notissima
monografia di Giuseppe Tanturri, pubblicata nel 1853 sul "Regno delle due Sicilie
descritto ed illustrato", fino alle tavole colorate di Estella Canziani (1914),
passando per le numerose relazioni di tanti viaggiatori stranieri che visitarono questo
pittoresco paese o per la sia pure discussa interpretazione di Alfonso Colarossi-Mancini
(1916), confermano la costante evoluzione dellabito tradizionale scannese che
assume, nella foggia e nei colori, lattuale sobria unicità nel, pur composito e
complesso panorama, della cultura materiale regionale. Una evoluzione diacronica e
sincretica, fermatasi agli anni Cinquanta, che mutando in dettagli e particolari, tuttavia
non ha minimamente intaccato la forza simbolica e rappresentativa della vestitura festiva,
la cui nota dominante dal Seicento ad oggi, sta nella regale sontuosità
dellinsieme.
Una
singolarità che suscita ancora un interesse turistico e sostiene lattenzione degli
studiosi, non tanto sulla questione delle origini, che in passato ha indotto qualcuno a
favoleggiare antichissime ascendenze orientali e che è stata definitivamente risolta
negli studi di Giorgio Morelli, ma sui motivi culturali di tanta ricchezza.
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