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Arie di Primavera |
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ITINERA CALLIUM
Nel
corso di un millennio lungo i bordi di queste strade erbose sono sorti paesi, santuari,
stazioni di sosta in cui hanno operato sodalizi religiosi, corporazioni artigianali e
societa' mercantili. Entro i centodieci metri che costituivano, dall'inizio alla fine, la
larghezza di ogni tratturo e' corsa, come entro l'alveo di un fiume, la cultura abruzzese.
Quattro erano i principali tratturi che dall'Abruzzo conducevano in Puglia. Il
più lungo, detto anche tratturo magno, partiva da L'Aquila e giungeva a Foggia; altri due
collegavano rispettivamente Celano a Foggia e Pescasseroli a Candela. Infine il più
breve, scendeva da Castel di Sangro a Lucera. Non a torto quindi, e nonostante che spesso
l'espressione sia stata utilizzata acriticamente per rimarcare pregiudizi e luoghi comuni,
la regione Abruzzo è stata chiamata terra di pastori e la società abruzzese considerata
di formazione agro-pastorale. L'attività armentizia, che ha interessato costantemente,
dalla preistoria ai primi di questo secolo un territorio, del resto vocato
morfologicamente all'allevamento nomade, a differenza dell'agricoltura e la pesca, le
quali, peraltro hanno inciso sul territorio in modo tutt'altro che marginale, non rientra
solo entro l'ambito della pratica economica, ma si pone come una vera e propria struttura
culturale, complessa e articolata, tanto da assumere il valore di dato identificante, sia
a livello diacronico che sincronico, del gruppo sociale.
In altre parole se nella storia dell'Abruzzo, possono essere individuati epoche ed
elementi distintivi, e se gli abruzzesi, in rapporto al territorio, possono, a seconda dei
casi, rivendicare o portare a giustificazione di scelte ed errori, un carattere tipico,
tutto questo deve essere ricondotto alla pastorizia che ha coinvolto per lungo tempo
grandi masse, all'interno della organizzazione stessa di interi paesi. Gli itinera
callium, di latina memoria, le grandi strade armentizie non sono stati solo un tracciato
viario e un sistema di percorsi che hanno messo in comunicazione l'Abruzzo con le regioni
vicine, in principale modo con il Molise e la Puglia e secondariamente con il Lazio e la
Campania, ma sono stati strumenti, occasione e condizione formativa della identità
culturale abruzzese. Innanzi tutto i tratturi sono stati i segmenti della memoria e degli
affetti, i legami tangibili con la tradizione, intesa come valore ed esperienza a cui fare
riferimento, e con la famiglia, sentita come nucleo forte di una vasta rete di parentele
concepite quasi a livello tribale. La solitudine sentimentale dei pastori nell'uniforme e
vasto scenario della pianura pugliese a cui faceva da contraltare la solitudine
sentimentale delle donne chiuse entro i confini di paesi affondati nella neve, sbarrati
dietro la cerchia impraticabile delle montagne, trovava un filo di unione in quello che i
tratturi rappresentavano simbolicamente nell'immaginario collettivo: il cammino della
vita, l'attraversamento dell'altrove e dell'altro da sé, sotto la taumaturgica protezione
dei santi.
Non c'è paese abruzzese, la cui storia sia legata alla pastorizia, che non abbia almeno
un altare dedicato a San Michele arcangelo, a San Nicola vescovo, a San Domenico abate, a
Sant'Eustacchio cacciatore, alla Madonna di Loreto o a quella Incoronata e assisa su un
albero. Il dato va inteso come la costituzione di un legame con le tante cappelle, le
chiese, i grandi santuari della transumanza, al fine di costituire una uniformità
spirituale, una tutela sacrale del territorio che accomunasse e riunisse gli appartenenti
dispersi di uno stesso gruppo sociale. Lungo i tratturi hanno camminato insieme ai
pastori, in un continuo rimando di contaminazioni, scambi e acculturazioni, i grandi
fondamenti della storia antropologica: il mito, la memoria e l'invenzione. |
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