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Crecchio
La valle dei mulini
Le costruzioni ancora presenti lungo
l'Arielli offrono l'opportunità di osservare da vicino un ingegnoso sitema di
sfruttamento dell'energia idraulica
Testo di Ezio Santeusanio |
Un tempo, lungo
il fiume Arielli, proprio a valle Crecchio, si incontravano parecchi mulini, del tipo a
palmenti, con mole di pietra e ruota idraulica a pale sotterranee, che, per il loro
funzionamento utilizzavano l'energia fornita dalle acque del fiume.
Il sorgere di questa attività avvenne quasi certamente nel 1406, dopo che il feudo passò
alla Università di Lanciano. Nel medioevo, l'attività molitoria era considerata
strategica. Il possesso o il controllo dei mulini era prerogativa importante della
feudalità, sia per la rendita che questi assicuravano, sia per il potere di controllo che
attraverso essi si esercitava sulla plebe e sulla produzione dei grani coltivati sul
territorio.
Nei relevi feudali si trovano sempre indicate le rendite derivanti dai mulini e dai
trappeti. Si legge nei documenti del 1705, che i proprietari di quattro mulini, siti nel
feudo di Crecchio, versavano, come tassa annuale, ben 13 tomoli di grano#, tanto che è
lecito supporre che l'attività fosse continua e proficua.
I mulini di Crecchio sono tutti ubicati sulla sponda destra del fiume Arielli e dislocati
su un tratto di circa Km 3. Ad eccezione di quello posto più a monte, che utilizzava
direttamente le acque deviate dal fiume, tutti gli altri, a catena, si servivano delle
acque che, scaricate dal mulino che li precedeva, erano immesse in canali di terra
chiamati dagli abitanti del luogo fiumare. Le fiumare e le strade di accesso e servizio,
formavano un sistema territoriale importante, sotto il profilo economico e sociale.
Economico perché tutti gli attraversamenti del fiume avvenivano nei pressi di un mulino
che svolgeva la duplice funzione di luogo di trasformazione del prodotto agricolo e di
riferimento, lungo le solitarie strade mulattiere dell'epoca. Sociale perché il mulino
era luogo di incontro tra la popolazione locale ed i forestieri che andavano a macinare;
vi s'identifica un luogo deputato allo scambio delle informazioni e alla divulgazione
degli avvenimenti.
La strada che costeggiava le fiumare, costruita per la costante manutenzione di questo
canale, veniva usata sia dai contadini per raggiungere i terreni di sponda, una volta
intensamente coltivati ad ortaggi e frutteti, sia per mettere in comunicazione le diverse
Ville sparse nella zona. Si può dunque pensare, che il tratto di fiume compreso fra il
primo mulino di monte e l'ultimo di valle era sempre frequentato. Il relevo del 1705,
conservato presso l'archivio di Stato di Napoli, indica i quattro mulini che davano una
rendita in grano, per la sola attività molitoria, di 13 tomoli per anno: Mulino del
Capitolo di Ortona; Mulino delle monache di Ortona; Mulino dei Padri domenicani della
Città medesima; Mulino della Terra di Crecchio chiamato del Santissimo Sacramento. In un
successivo relevo del 1735# i mulini ricordati sono sei: Mulino di Giuseppe Cerratone di
Ortona; Mulino di Antonio Vettori; Due Mulini della Terra di Crecchio; Mulino del
Santissimo Sacramento di Crecchio; Mulino di .... (non leggibile)
Poiché si sa con certezza che nel 1630 i mulini erano sette, si deduce che nel 1705 i tre
mulini non menzionati dovevano essere inefficienti. Oggi i mulini, o quello che di essi
rimane, a partire da quello più a monte, vengono individuati come segue: Mulino di
Grogne, Mulino del Barone, Mulino del Santissimo Sacramento, Primo Mulino di Cillarille,
Secondo mulino di Cillarille, Mulino di Valle Cannella, Mulino di Casino Vezzani.
L'attività dismessa, il conseguente abbandono e la rigogliosa vegetazione hanno rovinato
in parte queste interessanti costruzioni. Tuttavia esaminando con attenzione le strutture
murarie pervenute, si può risalire ad individuare un tipo base che presentava varianti
laddove l'acqua era più abbondante ed il terreno consentiva la costruzione di un
manufatto per l'accumulo di acqua in quantità maggiore. |