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Storia
La struttura dell'emissario
Testo di Ezio Burri Foto di Ezio Burri e Mario Vianelli

La storia delle opere di ingegneria idraulica attuate nei secoli per svuotare il Fucino e' ricca di sorprese e curiosita'

Dalle descrizioni di quanti si sono occupati, nei secoli successivi, del restauro dell’originale opera idraulica sino alla sua totale ristrutturazione e dalle scarse porzioni ancora oggi conservate, è stato possibile ricostruire la conformazione morfologica della galleria sotterranea e della sua esecuzione.
In fase di progettazione, e dopo le opportune ricognizioni condotte sul terreno, apparve chiaro che il drenaggio si sarebbe potuto effettuare riversando le acque lacustri nel fiume Liri, posto circa 20 m più in basso di quello che era stato ipotizzato come livello medio del fondo del lago. Il percorso più breve sarebbe passato sotto il monte Salviano ed il settore più meridionale dei limitrofi Campi Palentini, attraverso terreni eterogenei per litologia e consistenza (calcari, conglomerati ed argille).
Frammenti di una decorazione, appartenenti probabilmente ai fregi che ornavano la parte monumentale dell’incile (il punto ove le acque venivano condotte nella galleria sotterranea) ci illuminano sulla tecnica impiegata nello scavo: in coincidenza dei capisaldi determinati in precedenza sul terreno, vennero scavati circa quaranta pozzi a sezione quadrata; questi raggiungevano la profondità determinata in fase di progetto, da un minimo di 18 m ad un massimo di 122 m, coincidente con il piano quotato del fondo della galleria e, successivamente, dalla base del pozzo lo scavo era diretto verso le opposte direzioni sino a saldare le varie sezioni. 
Segni dello scavo mostrano che il congiungimento era inizialmente ottenuto mediante l’avanzamento di esigui cunicoli esplorativi, non più larghi di 80 cm, infine allargati sino alle desiderate dimensioni del condotto finale. All’imboccatura del pozzo, un’armatura lignea, dividendo in quattro la sezione consentiva, ad entrambe le squadre all’opera, il movimento contemporaneo ed inverso di una coppia di secchi. 
La funzione dei pozzi era anche quella di agevolare l’areazione del sito ove veniva praticato lo scavo ed il trasporto del materiale; oltre a questi pozzi, nelle pendici ove era troppo elevato il dislivello tra superficie topografica esterna e il progettato percorso della galleria, oppure come supporto ad alcuni pozzi ed, ancora, in altri punti lungo il tracciato che attraversava i Piani Palentini, vennero create molte gallerie inclinate, denominate “discenderie”. 
Attualmente si ha la conoscenza topografica e strutturale di dodici gallerie, ma non si esclude la originaria presenza di un numero maggiore. La lunghezza della galleria risultò essere di circa 5.650 m, ai quali deve essere successivamente sommata una deviazione, tra i pozzi n. 19 e n. 20, resasi necessaria per aggirare una frana avvenuta al contatto fra le argille sabbiose ed i calcari, ad opera già in avanzato stato di realizzazione. 
Il percorso non era rettilineo, bensì caratterizzato da piccole deviazioni dovute ad errori compiuti nella esecuzione dei tratti di galleria e variazioni di pendenza. La sezione della galleria era quanto mai varia, a tratti foderata in mattoni, malta o priva di qualsiasi rivestimento; quella che è stata definita la sezione tipica aveva una superficie di 5,02 m2, per una portata i 9,09 m3/sec; la pendenza media era di 0,15% con una differenza di quota di 8,44 m, tra l’imbocco dell’incile e lo sbocco nel fiume Liri. 
Lungo il tracciato ed inserite nelle pareti, sono state rinvenute delle tabelle marmoree con indicazione delle distanze nell’ordine delle centinaia di piedi. Non essendo possibile una loro correlazione con l’ingresso dei pozzi e cunicoli, posti a distanza irregolare, è ipotizzabile rappresentino una forma di indicazione topografica interna per agevolare operazioni di controllo e manutenzione. L’incile vero e proprio era costituito da un bacino trapezoidale, seguito da un altro dalla forma vagamente esagonale, con una differenza di livello, fra i due, di m 5,48. 
All’esterno dell’antibacino aveva inizio il grande collettore esterno, lungo circa 4,5 km, con una pendenza dello 0,1% ed una sezione di 91,6 m2 circa; questo tracciato, per i primi 300 m, era foderato con armature in legno.

 

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