Le rupi
conglomeratiche ed arenacee, che sembrano essersi sollevate come per scrollarsi di dosso
la monotona distesa di cemento, richiamando alla memoria paesaggi naturali primordiali,
offrono alla vista il tipico ambiente mediterraneo della garriga e della macchia.
La distanza dal mare e lacclività sono i fattori che selezionano
la colonizzazione della flora. Nelle zone a minore pendenza non passa di certo inosservata
per le splendide fioriture gialle la Ginestra (Spartium junceum); abbondante la presenza
della liquirizia (Glycyrrhiza glabra), in particolare là dove affiorano, lenti di
argilla, che sembra perdersi tra le colonie di Canna del Reno (Arundo pliniana). Nelle
zone meno prossime al mare sono comuni la Salsapariglia (Smilax aspera) lAsparago
(Asparagus acutifolium) e il profumato Elicriso (Helichrysum italicum).
Ma anche sui grossi scogli prossimi al mare, perennemente immersi nella
salsedine, crescono piante di estrema specializzazione rupicola, come il Finocchio marino
(Crithinum marittimum) e, in alcune nicchie riparate dal sole, dove la falda trasuda, si
possono notare splendidi capelvenere (Adiantum capillus-veneris). La peculiarità
morfologica dellarea e la composita varietà floristica inducono la costante
presenza ornitologica che trova riparo durante le consuete migrazioni annuali ovvero è
stanziale, nidificando nella macchia. Non è raro lincontro stagionale con la Starna
comune o Rondine di mare (Sterna hirundo), qualche cormorano (Phalacrocorax carbo) e la
piccola Magnanina (Sylvia undata) tipico passeriforme della macchia mediterranea. Anche
alcuni rapaci diurni frequentano la zona, volteggiando in perenne caccia.
Non possiamo, comunque, lasciare la parte nord della costa teatina
senza ricordare gli ultimi lembi boschivi a Pino dAleppo (Pinus halepensis) che
ancora residuano in aree interne del comune di Francavilla, i fragmiteti del fiume Foro,
sicuro rifugio per uccelli acquatici, contornati dai salici, dove tra i rami nidifica il
Pendolino (Remiz pendulinus) dal caratteristico nido fluttuante nellaria.
A sud dellabitato di Ortona, superata Punta di Acquabella, la
falesia si addolcisce in un pendio meno aspro e si riveste di una uniforme coltre verde
che alterna e mischia, fondendole in un gradevole unicum paesaggistico, fitocenosi
originarie con essenze arboree ed orti, mirabile risultato di un rispettoso utilizzo
agricolo.
È la fitta vegetazione ripariale del fiume Moro che segna questo quasi
impercettibile passaggio naturale e la sua conservazione floristica include, dove si
prolungano dei boschetti, la rara Farnia (Quercus robur).
La fascia boschiva torna a compattarsi sui pendii che adornano la
collina di San Vito Chietino. Lo strato arboreo, costituito dai lecci (Quercus ilex),
Ornielli (Fraxinus ornus) e Roverelle (Quercus pubescens) ha sempre opposto una tenace
resistenza a qualsivoglia intervento di degrado. Specie uniche per la regione, quali la
Melica e la Ferula communis, ombrellifera alta quasi tre metri, sono state trovate lungo
questo tratto di litorale.
Dal cantato Eremo fino ai primi insediamenti di Fossacesia marina la
morfologia del territorio muta nuovamente: profondi ed impenetrabili fiordi verdi solcano
le colline di Rocca San Giovanni che legano la costa allo splendido entroterra. Fosso
delle farfalle, il Vallone di Rocca San Giovanni, Fosso Canale e le valli minori offrono
alla vista ancora oggi esempi di natura che ben ricordano lo stadio climax a Foresta
subtropicale a Sclerofille.
Le fasce arboree ripariali, dove predominano Pioppi (Populus alba) e
Salici (Salix alba), si prolungano con una colonizzazione continua dei pendii, in boschi
di querce inglobanti Carpini, Olmi (Ulmus minor), Aceri (Acer campestre) e specie
arbustive della macchia come il Lentisco (Pistacia lentiscus).
La lussureggiante vegetazione e la presenza di sorgenti offrono
ricovero a numerosi uccelli e mammiferi altrove scomparsi, come faine e tassi. Le residue
fasce boschive poggiate alla base di San Giovanni in Venere mirano, con probabile invidia,
il biotopo protetto della Lecceta di Torino di Sangro, che si protende verso sud, fin
quasi a raggiungere il fiume Osento, ed adorna la sponda destra della foce del Sangro,
fiume emblematico per aggregazione culturale e battaglie ambientaliste.
Limpressionante popolamento a fragmiteto e laggruppamento a
Typha minima, che nascondono la rara Tartaruga palustre (Emys orbicularis), la residua
vegetazione dunale, e la presenza di specie alquanto rare (Romulea columnae e Linum
maritimum) fanno sì che questo ecosistema fluviale deve essere conservato, in
aggregazione con il biotopo già tutelato. La lecceta di Torino di Sangro, dove il leccio
ha definitivamente avuto il sopravvento sul Cerro (Quercus cerris) rappresenta il
compendio della componente floristica e vegetazionale già descritta. Interessante
rimarcare il rinvenimento della Quercus crenata, specie di quercia che in Abruzzo si trova
nellAquilano. Oltrepassata la spiaggia di Casalbordino, dove a sud della foce del
fiume Osento va ripristinandosi un valido cordone dunale, con linsediarsi delle
tipiche comunità psammofile il fiume Sinello segna il confine settentrionale della
riserva di Punta Aderci, dallomonimo promontorio il cui vero nome storico è Punta
dErce.
È questo il tratto di costa meglio conservato, che riunisce tutti i
diversi ambienti caratterizzanti la costa teatina e dove risulta scarsa, se non nulla,
nella zona prossima al litorale, la colonizzazione antropica.