Mercoledi' 15 Dicembre 1999
IL DIAVOLO ORSINO DELLA
TASMANIA
Predatore,
ma pacifico. Marsupiale dalla cattiva fama immeritata
SUCCEDE abbastanza spesso che l’etichetta di "cattivo" si
appiccichi a un animale come un marchio indelebile. Gli rimane addosso anche
quando ci si accorge che proprio non se la merita. Emblematica a questo
proposito e' la storia di un piccolo marsupiale, che vive oggi una vita sempre
piu' stentata in Tasmania, l’isola situata a sudest dell’Australia, tra
Oceano Indiano e Oceano Pacifico. Nel l8O8 uno zoologo chiamato Harris scoprì
questa nuova specie di marsupiali (percio' il suo nome scientifico e'
Sarcophilus harrisi) e lo battezzo' col nomignolo di "diavolo orsino".
Ma, questo povero diavolo, di satanico non ha proprio nulla, ne' corna, ne'
aspetto mefistofelico. Per poterlo studiare meglio, Harris ne catturo' una
coppia e la ficco' dentro una botte, dove la tenne per un bel pezzo. Chiunque
diventerebbe furioso, relegato in una simila prigione. E’ quindi piu' che
naturale che i due animali, una volta liberati, fossero schiumanti di collera e
aggressivi al massimo grado.
Fu così che il Sarcophilus si guadagno' quel nome infamante e nacque la falsa
credenza della sua malvagita'. Non che sia uno stinco di santo, intendiamoci.
E’ un carnivoro, un predatore come la martora o il visone. Ma allevatori e
zoologi assicurano che si puo' allevare e addomesticare con grande facilita'. E
diventa allora il piu' pacifico animale della Terra. Ha su per giu' la taglia di
un tasso e gli somiglia anche per la forma della testa. Al tempo stesso ha
qualcosa nella sagoma che ricorda un orsacchiotto (da qui il nomignolo di
"diavolo orsino). E’ una creatura squisitamente notturna. Di giorno dorme
come un ghiro. Di notte e' vispo e arzillo. Sembra che abbia l’argento vivo
addosso. Igienista ad oltranza, ama l’acqua e ci sguazza dentro con evidente
piacere, facendosi anche delle belle nuotate. Per lavarsi la faccia, usa la
stessa tecnica che usiamo noi: se la strofina ripetutamente con le zampe
bagnate. Ha una voce piuttosto potente, che rintrona nel cuore della notte.
Ricorda alla lontana il latrato di un cane.
Lo zoologo Bernhard Grzimek racconta che quando il guardiano voleva pulire la
gabbia di un diavolo orsino ospite dello zoo di Francoforte, aveva preso
l’abitudine di farlo "cantare". Gli dava l’attacco con una nota
giusta e l’animale continuava sullo stesso tono a gola spiegata.
Nell’autunno australe, che corrisponde alla nostra primavera, i diavoli orsini
sono in amore. Si formano le coppie e si celebrano le nozze. La gestazione e'
breve. A fine maggio o ai primi di giugno la femmina partorisce da due a quattro
piccoli. Mai piu' di quattro, perche' tanti sono i capezzoli materni
disponibili. Secondo la tradizione di famiglia, i piccoli diavoli alla nascita
sembrano piu' feti che neonati. Sono lunghi solo dodici millimetri, un
quarantesimo della lunghezza dell’adulto, che misura circa mezzo metro. Come
tutti i marsupiali anche questi esserini minuscoli nascono gia'
"istruiti". Appena vengono alla luce, conoscono esattamente la strada
da percorrere nella selva di peli materni per raggiungere il marsupio.
Una volta arrivati in quella tasca calda e confortevole, si attaccano ciascuno a
un capezzolo e non lo mollano piu'. Così, poco alla volta il bebe' cresce e si
trasforma, cambiando sembianze. Si ricopre di peli, mentre prima era nudo come
un verme. E apre gli occhi che alla nascita erano chiusi. Tutto questo avviene
nel buio del marsupio che, subito dopo l’ingresso dei piccoli, si chiude
ermeticamente per azione di un muscolo circolare. Solo allo spuntare della
primavera succede il grande evento. E’ come se i diavoletti nascessero
un’altra volta, tre mesi dopo la nascita vera e propria. Il marsupio sinora
sigillato si dischiude e i diavoletti incominciano ad affacciarsi dalla sua
apertura e a guardarsi intorno, in quel mondo ignoto tutto da scoprire. La madre
pero' continua ad allattarli. Del latte, di questo cibo insostituibile i
diavoletti continueranno a nutrirsi per circa cinque mesi. A questo punto i
piccoli ne hanno abbastanza di restare al chiuso. E sembra che i genitori se ne
rendano conto. Perche' si danno subito da fare a costruire una tana molto
accogliente, tutta per loro. Per questo vanno a cercare la cavita' di un tronco
o il riparo di una roccia o magari s’impossessano della tana gia' bell’e
fatta di un vombato o di un altro marsupiale. In questo caso i genitori si
limitano a rimettere a posto, per così dire, l’appartamento. Se invece
scelgono una cavita' naturale, la imbottiscono di erbe e di foglie. Fino al
secolo scorso, diavoli orsini ce n’erano in abbondanza in tutta l’Australia.
Lo testimoniano i resti ossei ritrovati in varie regioni del Continente
Nuovissimo. Ma l’Australia e' la parte del mondo in cui l’uomo ha inciso in
maggior misura nel sovvertimento dell’equilibrio ecologico, con l’incauta
introduzione di specie estranee. Per i diavoli orsini il nemico numero uno si
chiama "dingo". E’ il cane selvatico - secondo alcuni studiosi
rinselvatichito da domestico - introdotto nel continente dai primi coloni. Lo
chiamano anche "cane muto"perche', a differenza dei cani domestici,
non abbaia. I dinghi, oltre a diventare predatori di pollame e di canguri, se la
presero anche con i diavoli orsini e ne fecero una vera carneficina.
Il resto lo fecero gli stessi coloni, accusando i poveri diavoli non solo di
assomigliare a Satana, forse per via della pelliccia nera (interrotta in realta'
da qualche macchia bianca) e per la mania di urlare nel buio della notte, ma
piu' concretamente perche' divoravano polli e altri animali da cortile. E questa
e' una colpa che l’uomo non perdona. In conclusione, il piccolo innocuo
marsupiale e' completamente scomparso dall’intero continente australiano sin
dall’inizio del secolo. Sopravvive oggi soltanto nelle zone piu'
inaccessibili, aspre e rocciose della Tasmania, l’isola quasi ai nostri
antipodi.
Isabella Lattes Coifmann
Dicembre
1999


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