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In Abruzzo e in Puglia, due regioni la cui storia economica e
sociale si è costruita intorno alla pastorizia, San Nicola ha
molti altari e cappelle che fanno riferimento alla grande basilica
di Bari. Ed ha anche molte case, ovvero le antiche sedi di
corporazioni e confraternite, che un tempo furono importanti punti
di riferimento, oltre che centri economici e culturali in grado di
gestire la complessa struttura della transumanza, e che oggi sono
depositarie dei cerimoniali legati alla religiosità popolare. Una
di di queste case si trova a Pollutri, paese posto ai bordi del
Tratturo Magno che da L'Aquila raggiungeva Foggia, dove il Santo
vescovo di Mira è festeggiato due volte l'anno: la prima domenica
di maggio e il 6 dicembre. In questa seconda ricorrenza la casa di
San Nicola vive, a ricordo dei tempi in cui tra le sue mura si
svolgevano importanti contratti e transazioni, il suo momento più
importante.
Il primo giorno della Novena, al suono della campana maggiore
della chiesa, detta appunto di San Nicola e alla quale sono
attributi patronati antitempestari, il priore della confraternita
riapre i locali e vi accoglie per la preghiera serale tutti i
confrati, le loro famiglie, il procuratore e i Deputati della
festa. Contemporaneamente le donne iniziano i preparativi delle
panicelle, sia completando i giri di questua per la raccolta del
frumento, sia avviando le operazioni di macina.
La vigilia la casa si riempie di insolita animazione. Su lunghi
tavoli si provvede a preparare la massa che una volta lievitata
verrà lavorata a forma di piccoli pani su cui viene impresso
l'antico e sacro sigillo del Santo. Il rito è scandito dal
solenne rintocco della campana che accompagna anche la lunga
teoria delle ragazze che, mantenendo in equilibrio sul capo le
lunghe tavole su cui sono poste le panicelle si recano a cuocerle
nel forno. Il 6 dicembre, dopo le funzioni religiose e la
processione, in cui peraltro viene condotto per le vie del paese
un prezioso busto argenteo, capolavoro di scuola napoletana, nel
primo pomeriggio ha inizio il rito della cottura delle fave.
In piazza i deputati della festa preparano sette enormi caldaie
colme di fave precedentemente ammorbidite in un lungo ammollo
nell'acqua. Al primo tocco del campanone si provvede a dare fuoco
alle fascine. A questo punto l'entusiasmo popolare raggiunge il
massimo e ognuno tifa per il caldaio abbinato al proprio quartiere
e o alla propria corporazione. Infatti è consuetudine che il
caldaio che bollirà per primo riceverà un premio e, soprattutto,
le felicitazioni di tutti i pollutresi che dallo svolgimento del
rito traggono auspici di benessere e prosperità.
Le fave, poi, una volta cotte, vengono distribuite insieme
alle panicelle e consumate per devozione. La tradizione che mostra
complessi aspetti mitici che si ricollegano a rituali antichissimi
in cui entrano le valenze ctonie e sacrali delle fave che furono
anche il cibo rituale dei pitagorici, i concetti solari e del
ritorno ciclico del tempo, ha una sua spiegazione popolare. Una
leggenda di fondazione riferisce che San Nicola, peraltro Santo
dell'abbondanza, come dimostra anche la manna che si distribuisce
a Bari e le palle d'oro che egli tiene in mano nella iconografia
corrente, avrebbe salvato la gente di Pollutri, durante una
terribile carestia, moltiplicando a dismisura proprio un pugnetto
di fave.
Per
saperne di più
Alfredo Cattabiani, Calendario, Newton Compton, Roma 1989
Angelo Brelich, Offerte e interdizioni alimentari nel culto della
Magna Mater a Roma, L'Aquila 1965
Come ci si arriva
A 14, uscita Vasto Nord. Seguire le indicazioni per Pollutri.
A chi chiedere informazioni
Municipio di Pollutri, Vigili urbani, tel 0873/907359