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Con il nome di panarda si indica, specialmente nell'Aquilano, un rituale di
consumo collettivo del cibo che consiste in un banchetto allestito in precise
ricorrenze calendariali.
L'origine del vocabolo è piuttosto oscura, e probabilmente deve essere
ricercata nella radice indoeuropea pan intesa nel senso di abbondanza.
L'aspetto più spettacolare della panarda, almeno attualmente, sta nella
quantità delle portate che possono superare anche il numero di cinquanta e
nella etichetta che impone ai commensali di onorare la tavola, consumando tutte
le vivande portate in tavola.
La tradizione è comune a molti paesi, ma dove il rito ancora esprime
compiutamente il concetto di celebrazione comunitaria con forti permanenze
magico-sacrali, è a Villavallelonga, un piccolo centro posto entro la zona
montagnosa del Parco Nazionale d'Abruzzo. Un documento ricorda che nel 1657 tale
Pietro Paolo Serafini, secondo una consolidata tradizione familiare, distribuiva
una minestra di fave per perpetuare un voto fatto dai suoi antenati a
Sant'Antonio Abate. La devozione popolare racconta che "tanti anni fa una
donna della famiglia Serafini lasciò una creatura in fasce nella culla e andò
a prendere l'acqua alla fontana. Tornando a casa incontrò un lupo che la
portava in bocca. Invocò Sant'Antonio e il lupo lasciò la bambina. La donna
promise al Santo la festa a fuoco, cioè la panarda. Dopo, la promessa si è
tramandata per eredità".
Attualmente le famiglie obbligate sono una ventina ed ogni anno,
immancabilmente, la sera del 16 gennaio, allestiscono un grandioso banchetto che
si protrae tutta la notte. Nella stanza in cui si svolge il convivio viene
preparato un altare su cui troneggia l'immagine di Sant'Antonio Abate, in mezzo
a composizioni ornamentali dette corone e costituite da frutta, uova, dolci.
Quando tutti gli invitati hanno preso posto alla mensa il panardere, ovvero il
capo di casa, recita il rosario, le litanie ed infine intona l'Orazione di
Sant'Antonio, dopo di che dà l'ordine di servire gli ospiti.
Per quanto riguarda il cibo, la panarda, accanto ad un repertorio di vivande e
di specialità gastronomiche locali, presenta alcuni alimenti fissi che non
possono mancare in nessun caso. Essi sono: brodo di gallina e vitello, il
caldaio del lesso, maccheroni carrati all'uovo con ragù di carne di pecora e
detti "di Sant'Antonio", la pecora alla cottora, le fave lessate e
condite, le frittelle di pasta lievitata, le ferratelle, la frutta con cui sono
confezionate le corone e la panetta. La cena si protrae per tutta la notte, sia
per dare modo ai convitati di consumare agevolmente le portate, sia perché il
servizio ogni tanto è intramezzato da momenti di preghiera e dal canto di
formule religiose, sia perché infine, ad una certa ora, le case dei panarderi
vengono visitate dalle compagnie di questua. Mentre nelle piazze ardono enormi
falò di legna, gruppi di cantori prendono a girare le strade e a visitare le
case dove il loro arrivo è atteso e ben accetto e le loro esecuzioni sono
ricompensate con cibo e somme di denaro. Le visite dei gruppi e dei canterini
durano fino alle ultime ore della notte, dopo di che vengono riordinate le mense
e viene servita l'ultima portata: un piatto di fave lesse, accompagnate dalla
panetta, che è una speciale preparazione di pasta lievitata a cui sono state
aggiunte le uova.
Prima però il panardere ringrazia tutti i presenti e intona con loro il Padre
Nostro. Solo dopo questo ultimo atto e dopo ovviamente aver consumato le fave,
la panetta e un bel bicchiere di vino in onore del Santo protettore, gli
invitati lasciano la casa, dandosi appuntamento per l'anno venturo.
Il giorno di Sant'Antonio i festeggiamenti proseguono con la processione, la
benedizione degli animali e con l'apertura del Carnevale, che nel paese è
caratterizzato da due tipi contrapposti di maschere tradizionali: i brutti e i
belli. I brutti indossano abiti scuri, ricoperti di campanacci e i belli sono
vestiti di bianco e portano cappelli ornati di fiori e nastri.
Per
saperne di più
Maria Concetta Nicolai, La panarda, Pescara 1996
Alfonso Maria Di Nola, Aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna
italiana, Torino 1985
Come ci si arriva
Autostrada A 25, uscita Celano. Prendere la strada per Trasacco e proseguire per
Villavallelonga
A
chi chiedere informazioni
Municipio di Villavallelonga, Vigili urbani. Tel. 0863.949118
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