Da
unindagine dellIstituto Centrale di Statistica del 1934, si rivela come questi
manufatti costituissero il 20% del patrimonio edilizio rurale abruzzese; su un totale di
10.0000 abitazioni rurali, infatti, ne sono costruite in terra: 780 nella provincia di
Pescara, 755 in quella di Teramo, 683 in quella di Chieti. Oggi non sono che episodi
isolati nella campagna o unici elementi sopravvissuti miracolosamente alla colata di
cemento delle nostre periferie.
I processi di abbandono e di sostituzione degli edifici in crudo, già
avviati negli anni 50 e 60, in concomitanza con la cosiddetta
deruralizzazione, si intensificarono con la periferizzazione della campagna fino a
raggiungere livelli difficilmente recuperabili.
Da ciò è facile desumere che le aree interessate da questo patrimonio
architettonico in terra cruda, in Abruzzo come nei territori marchigiani a nord del
Tronto, sono notevolmente diminuite.
La causa prevalente della diffusione delle case di terra è
individuabile nelle profonde modificazioni della struttura agraria e fondiaria del
territorio avvenute a metà del secolo scorso, allorquando la divisione delle proprietà,
la maggiore sicurezza delle campagne, portò alla diffusione delle abitazioni sui fondi
anziché in nuclei localizzati e lontani dai campi.
Lodierno paesaggio rurale è ancora testimone di questo processo
di colonizzazione; le costruzioni si diffondono privilegiando i crinali, la sommità delle
colline e la posizione di pendio. Le case di terra difficilmente si organizzano in nuclei.
La costruzione con la terra non fu che una scelta obbligata per le
caratteristiche, difficilmente eguagliabili, di reperibilità ed economicità che questo
materiale offriva; il fenomeno che ne scaturisce è quello dellautocostruzione.
Vale qui la pena ribadire che labitazione in terra non genera una
tipologia edilizia particolare ma si ispira al patrimonio insediativo già consolidato nel
tempo. Sono due i tipi prevalenti: la tipologia a blocco ad elementi trasversali ad un
piano, che nasce per elementi aggiunti in tempi successivi; la tipologia definita
"italica", propria della casa mezzadrile in laterizio, che sovrappone,
collegandoli attraverso una scala esterna, labitazione al rustico. Inoltre detta
sovrapposizione testimonia, nella volontà di limitare lo spazio, una derivazione da
tipologie urbane dove questa necessità era più sentita assumendo anche lelemento
della scala interna. Pur se rare, abbiamo tipologie a pianta quadrata con caratteri
dimensionali più elevati.
Le case di terra quindi non possono essere considerate costruzioni
primitive ma frutto di unintegrazione istintiva fra necessità economiche,
tradizioni tipologiche e tecnologie edilizie.
Tutti questi passaggi fanno dellabitazione in terra cruda un
elemento primario di caratterizzazione del paesaggio agrario ma nello stesso tempo
inducono un processo di straniamento in senso socio-culturale.
La terra, quale elemento primario, non regge il confronto con la
solidità morale affidata dalla comunità al laterizio ed alla pietra.
È necessario riattribuire, nelluso quotidiano, valore e
significato alla terra come materiale da costruzione, non essendo sufficiente una sua
collocazione nella sola memoria. Questo passaggio è indispensabile per superare
limmagine negativa di miseria arretratezza ed emarginazione economica e sociale cui
è legata la casa di terra nella nostra cultura, e che la campagna ha mantenuto fino agli
anni 50.
Appare significativo in tal senso riportare un passo del capitolo
"Passato-presente-avvenire" contenuto nella Guida dellAbruzzo di Enrico
Abbate - Club Alpino Italiano - 1903 in cui uno scrittore abruzzese del 1848 così
descrive le abitazioni rurali di quel tempo: "Le case di campagna poi nel maggior
numero, anguste e cadenti, raramente costruite a pietra, più spesso impastate di creta e
paglia, tutte ad un piano, sempre senza impiantito, ricoverano gli uomini insieme alle
bestie in mezzo al lezzo ed alla mota. Lungo le ridenti spiagge dellAdriatico, di
case consegnate in quel modo ve ne era una grande quantità".
In questi ultimi anni non sono mancati convegni e mostre che però non
sono riusciti ad andare oltre il momento della riscoperta, lultimo nel settembre del
1997 a Casalincontrada ha avviato uninversione di tendenza.
Infatti, latteggiamento prevalente vede sempre in prospettiva un
utilizzo museale, una sorta di museo allaperto, parco della memoria contadina, che
nella sua accezione più innovativa lega alla valorizzazione culturale luso
turistico (case vacanza) di tale patrimonio.
Rispetto a questa indicazione, prospettata in varie occasioni, nessun
passo in avanti significativo è stato compiuto.
Considerando le difficoltà di attuazione, sia rispetto alla diffusione
sul territorio che al valore dei manufatti ed alle relative difficoltà di gestione,
risulta evidente come un simile progetto non sia mai stato realizzato.
Occorre modificare lapproccio sin ora adottato nei riguardi delle
case di terra per ottenere qualche risultato concreto, risolvendo anche la
contrapposizione fra la volontà di assimilarle al quadro dinsieme dei beni
culturali ed il fatto di porle sempre al di fuori dei canoni che definiscono tali beni.
Altre motivazioni sono necessarie per salvare le case di terra, per
ritrovare utilità nel conservarle, considerandole un patrimonio per il quale spendere
energie e capitali, non essendo sufficiente il richiamo, lappello, alla volontà di
una comunità di impossessarsi del proprio passato.
In questo è il limite della prospettiva museografica che può essere
solo parziale ed isolata ma non generalizzabile.
Lassenza di un censimento, di una catalogazione, di un
riconoscimento di valore in tal senso, fa sì che questa risorsa non trovi una propria
collocazione e quindi non abbia una capacità di proporsi come bene da tutelare.
Questa constatazione ha aperto una seconda fase nella riflessione sul
fenomeno della costruzione a crudo: va considerata esaurita la fase della riscoperta e
delle considerazioni nostalgiche.
La ricerca di ulteriori motivazioni quali in particolare quelle che
ricomprendono luso della terra nellambito della cultura ecologica
dellabitare, può consentire di rivalutare laspetto della tutela ed aiutare a
ridefinire il problema del recupero e della valorizzazione del crudo allinterno
delle categorie proprie dellarchitettura e della storia degli insediamenti.
Questa riattribuzione di senso, associata ad una visione ecologica del
fenomeno, è da ritenersi indispensabile per rinnovare una prospettiva che vada oltre
laspetto del recupero e della valorizzazione del solo esistente.
Bisogna paradossalmente scommettere sulla terra, anche, in quanto
materiale da costruzione. È una visione necessaria a concretizzare il problema e quindi a
legarlo agli aspetti normativi, tecnologici, igienici, economici e sociali che luso
della terra cruda pone come nessun altro materiale. Solo una forte contestualizzazione,
oltre i valori ecologici, è in grado di far uscire il crudo dal confine della
marginalità quale fenomeno avulso dai processi di trasformazione del territorio.
La storia di questi insediamenti legata alleconomia ed al
paesaggio rurale si associa alla trasformazione della prima periferia che nel tempo si
espande secondo regole proprie dei nuclei urbani.
Sono noti i primi risultati del censimento e catalogazione delle case
in terra avviato dalla Provincia di Chieti nellambito dei tematismi riferiti al
Piano Territoriale. Larea di indagine comprendeva quelle già note di otto Comuni
(Bucchianico, Casalincontrada, Chieti, Ripa Teatina, Roccamontepiano, San Giovanni
Teatino, Villamagna e Torino di Sangro).
Gli edifici individuati sono stati 299 di cui il 15% ancora abitati.
Sono tre gli scenari in cui si collocano le case di terra a seguito dellindagine: il
primo è quello cittadino rappresentato da Chieti, la città capoluogo di provincia con 84
edifici censiti di cui otto abitati; il secondo quello rurale rappresentato da
Casalincontrada con 124 edifici censiti di cui 30 abitati; lultimo quello
sopravvissuto di Torino di Sangro con un edificio censito. Già questa prima area di
indagine si è arricchita con ulteriori segnalazioni di presenze sopravvissute a Orsogna,
Crecchio e Castelfrentano.
In un ambiente cittadino come Chieti, vi sono case in terra che
inglobate nella espansione della città sono difficilmente riconoscibili non solo per il
loro stato di degrado e di mimesi ma soprattutto per il vuoto di conoscenza che si ha di
questo fenomeno.
Allinterno degli isolati restano come elementi puntuali che solo
la frammentazione della proprietà in tantissime sub particelle, frutto di innumerevoli
frazionamenti, ha salvato da interventi di sostituzione edilizia.
In un ambiente più vicino alla tradizione contadina, ovvero nel
piccolo paese, Casalincontrada "la casa a terra" mantiene la propria identità
legata, soprattutto, alla conoscenza tramandata dagli originari abitanti e costruttori;
qui la casa isolata conserva meglio il suo rapporto con i campi laddove, però, non è
compromesso, analogamente alla periferia urbana, dal crescere disordinato delle contrade,
omogeneizzate ed anonime, e della zonizzazione indifferente dei piani urbanistici .
Il destino di queste architetture può evolvere favorevolmente se esse
vengono inserite in un tentativo di rilettura della espansione della periferia urbana, per
meglio evidenziare lequivoco rapporto tra città e campagna. Una reinterpretazione
che deve giocare su un artificio: la casa di terra divenuta suo malgrado cittadina. Essa
diventa così lo spunto per riflettere sulla inevitabilità dei processi di trasformazione
e di espansione della città e sulla avvenuta perdita di rapporto con lesistente.
Lapprovazione della Legge Regionale n.17/97, "Disposizioni
per il recupero e la valorizzazione delle capanne a tholos e delle case di terra
cruda", di fatto consente il passaggio da una fase di mera enunciazione del problema
ad unaltra di effettiva sperimentazione. Uno degli scopi della Legge è quello di
predisporre un apposito censimento ed una schedatura per ladozione di specifiche
normative per il loro recupero. Questa attività è in corso di attuazione e permetterà,
completandola, la conoscenza e la consistenza del patrimonio immobiliare in terra cruda
esistente sul territorio regionale. Occorre comunque evidenziare le perplessità ed i
margini di incertezza interni a detto articolato, che così come formulato potrebbe
ingenerare seri limiti di approccio alle tematiche poste dai manufatti edilizi in terra
cruda.
La Legge Regionale, infatti, sembra considerare il solo aspetto del
recupero e della valorizzazione dellesistente, tralasciando uno dei presupposti
fondamentali e cioè la connessione con la bioarchitettura e con luso della terra
allinterno della cultura ecologica dellabitare ampliando la prospettiva
delluso della terra per la realizzazione di nuove costruzioni; ulteriori
perplessità destano le indicazioni normative contenute nelle disposizioni
dellart.2, le quali appaiono consentire interventi di "prima
rifunzionalizzazione" ricomprendendoli nellambito della ristrutturazione che,
se interpretata ed applicata nei limiti delle relative vigenti leggi in materia, potrebbe
condurre alla completa perdita di identità e riconoscibilità di tale prezioso patrimonio
edilizio.
Inoltre non appaiono essere affrontate le problematiche collegate agli
strumenti di intervento necessari per semplificare le procedure di accessione alla
disponibilità del patrimonio edilizio abbandonato e i cui proprietari molto spesso
risultano irrintracciabili; altresì dovrebbero essere esaminate le questioni relative
alle incentivazioni, le quali andrebbero estese non solo agli aspetti economico-finanziari
ma anche ai parametri urbanistico-edilizi e ciò al fine di consentire possibili scomputi
volumetrici nella realizzazione dei nuovi edifici.
A questi limiti, tra laltro, si somma larretratezza
culturale nellapproccio alluso e al riuso dei materiali da costruzione.
Infatti se le problematiche connesse agli interventi edilizi prefigurati dalla legge, in
particolare gli aspetti di tipo tecnologico, statico, igienico e sismico, dovessero essere
verificate con le vigenti norme in materia non ci sarebbe una piena compatibilità con
luso della terra cruda.
Dette problematiche vengono fatte rilevare per consentire una più
attenta riflessione e per facilitare il superamento di preconcetti di ordine culturale,
sociale, tecnico-giuridico-edilizio, che potrebbero risultare fatali per qualsiasi azione
di recupero o nuova edificazione in crudo e svuotare di fatto le buone intenzioni
contenute nella Legge Regionale.
In definitiva, appare opportuno ed auspicabile aprire una nuova fase
che significherà in sostanza scommettere sullavvenire della terra cruda.